Patto per l’Italia - Contratto per il Lavoro
Intesa per la
competitività e l’inclusione sociale
Premessa
Governo e parti
sociali assumono quali obiettivi alti e condivisi del presente accordo
quelli definiti per tutti i Paesi dell’Unione Europea dai Vertici di
Lisbona e di Barcellona, secondo i quali dinamismo economico e giustizia
sociale devono procedere di pari passo. Nella economia della conoscenza le
ragioni della competitività e della inclusione sociale tendono a convergere
nel comune obiettivo della valorizzazione delle risorse umane in primo
luogo attraverso l’incremento dei tassi di occupazione regolare, il cui
livello medio in Europa dovrà raggiungere il 70% entro il 2010.
L’Italia è il Paese in Europa con il più basso livello di occupazione e con
i maggiori squilibri territoriali e di genere.
L’organizzazione di un mercato del lavoro moderno, trasparente ed
efficiente, l’emersione del lavoro sommerso, le politiche dell’educazione e
della formazione, la riduzione della pressione fiscale sui redditi
medio-bassi costituiscono le azioni convergenti per produrre una più
tempestiva traduzione della crescita economica in nuovi e migliori posti di
lavoro.
Lo sviluppo economico e la crescita dell’occupazione nel Mezzogiorno oltre
i livelli medi nazionali costituiscono la misura principale del successo
delle politiche condivise in questo documento.
La competitività dell’intero sistema Paese si realizza attraverso la
rimozione degli ostacoli alla nuova occupazione, orientando così gli
investimenti alla innovazione dei prodotti, alla formazione del capitale
umano e alla crescita delle imprese.
Le riforme qui negoziate sono quindi tutte rivolte a stimolare i consumi e
lo sviluppo nonché a promuovere una società più attiva e dinamica, più equa
in termini di inclusione sociale e di integrazione territoriale, più
moderna in termini di regole, di istituzioni e di servizi di pubblica
utilità.
1.
Politica dei redditi e di coesione sociale
Il Governo e le parti sociali convengono che una efficace politica dei
redditi, secondo quanto previsto dal Protocollo del 23 luglio 1993, è lo
strumento principale per dare stabilità e forza alla crescita economica,
assicurare il perseguimento dell’equilibrio della finanza pubblica
compatibilmente con gli impegni del Patto di stabilità e di crescita così
come in ultimo definiti nel Consiglio Europeo di Siviglia, salvaguardare il
potere d’acquisto delle retribuzioni, conseguire l’innalzamento del tasso
di occupazione secondo quanto deciso dal Consiglio Europeo di Lisbona.
La politica dei redditi derivata dagli accordi del 1992 e del 1993 ha
contribuito a controllare la dinamica del tasso di inflazione e a
realizzare il risanamento finanziario, condizioni fondamentali per garantire
un sano e duraturo sviluppo del reddito e dell’occupazione. Tali accordi si
sono rivelati uno strumento importante per condurre l'Italia nell’Unione
Economica e Monetaria.
L'accordo sulla politica dei redditi e di coesione sociale che si realizza oggi
dovrà accompagnare il conseguimento degli obiettivi di Barcellona e di
Lisbona realizzando una virtuosa convergenza tra crescita economica,
competitività, incremento dell’occupazione e inclusione sociale.
La riduzione del tasso di inflazione verso i livelli medi europei è
destinata a continuare nel 2003. Obiettivo del Governo è quello di
rafforzare questa tendenza individuando tassi di inflazione programmati in
linea con gli andamenti dell’economia e con i risultati da perseguire. Il
Governo concorre al contenimento dell’inflazione attraverso comportamenti
coerenti in materia di tariffe, prezzi e salari, attivando gli organi
istituzionali preposti, nei limiti delle competenze di legge e delle regole
di mercato. Il miglioramento della produttività e la progressiva riduzione
del cuneo fiscale sul lavoro potranno contribuire ulteriormente a fare
crescere il reddito disponibile delle famiglie.
Le parti prendono atto del quadro macroeconomico e di finanza pubblica
illustrato dal Governo ai fini della predisposizione del DPEF 2003-2006 e
convengono sugli obiettivi di crescita del PIL e del tasso di occupazione.
Il Governo si impegna ad assicurare le risorse necessarie ad avviare la
riforma fiscale e quella degli ammortizzatori sociali, a realizzare i previsti
interventi nel Mezzogiorno, a rilanciare la ricerca e l’innovazione, a
finanziare la riforma del sistema scolastico e formativo e le politiche
attive per l’occupazione.
In questo quadro, la riforma fiscale in esame al Parlamento assume per il
Governo il carattere di elemento propulsivo dello sviluppo, stimolando i
consumi e la crescita e avviando un processo di riduzione del carico
fiscale sulle persone, sulle famiglie e sulle imprese. Il Governo si
impegna quindi:
· a dare priorità alla riduzione della tassazione
personale, sia nei tempi sia nel volume di riduzione del prelievo,
nell’ambito delle risorse che annualmente si renderanno disponibili con la
manovra di finanza pubblica;
· a ricavare nell’ambito della
prossima manovra finanziaria a) per il 2003, almeno 5,5 miliardi di euro da
destinare ad un primo importante avvio di riforma della tassazione
personale, concentrato sui redditi compresi tra 0 e 25mila euro, b) le
risorse per consentire dal 2003 una riduzione pari ad almeno due punti di
aliquota dell’imposta sulle persone giuridiche, c) disponibilità
finanziarie pari a 500 milioni di euro per avviare sin dal 2003 –nel
presupposto del necessario accordo con le Regioni per evitare effetti di
duplicazione- la riforma dell’IRAP, iniziando dalla riduzione nella base
imponibile della componente delle retribuzioni;
· a privilegiare, coerentemente
all’attuazione della riforma, quegli aspetti che sono produttivi di
benefici diretti verso le fasce di reddito medio–basse, in considerazione
anche dei contemporanei processi di emersione. In particolare, tali
benefici, nonché il perseguimento di una vera progressività, saranno
realizzati attraverso deduzioni e trasferimenti specifici correlati in
tendenza alla soglia di povertà e quindi valevoli in prevalenza per i
redditi bassi;
· a garantire, in sede di attuazione
e compatibilmente con lo schema sopra delineato, che la riforma tenga in
debita considerazione la condizione familiare del contribuente attraverso
un accrescimento delle relative deduzioni (e, quindi, della soglia esente),
nonché la loro modulazione in base alla numerosità dei carichi di famiglia
ed alla condizione reddituale personale;
· a riconoscere una specifica
deduzione per i lavoratori dipendenti e per i pensionati che forfettizzi i
costi per spese di produzione del reddito, anch’essa modulata in base al
reddito complessivo del lavoratore;
· a garantire un livello di esenzione
per i soli percettori di redditi da pensione non inferiore all’attuale
livello minimo stabilito dal Governo (516 euro al mese);
· ad applicare le norme sulla
“capitalizzazione sottile” (thin capitalisation) in termini
compatibili con le caratteristiche del sistema produttivo italiano, tenendo
conto dei livelli di coinvolgimento del patrimonio individuale del titolare
e dei soci;
· a definire modi e livelli di
tassazione delle operazioni straordinarie più favorevoli rispetto a quelli
inerenti il regime della tassazione ordinaria;
· ad introdurre una contabilità
semplificata per le piccole e medie imprese con riferimento alla normativa
IVA nonché il concordato triennale preventivo per l’imposizione sul reddito
di impresa e di lavoro autonomo;
· a garantire l’invarianza
dell’attuale carico fiscale per il settore agricolo in materia di IVA e di
IRAP per il 2003, in attesa della più completa riforma del regime
impositivo, ferma restando l’esecuzione del credito di imposta per il 2002,
secondo la formulazione concordata;
· a predisporre strumenti di
monitoraggio e controllo del livello della pressione fiscale locale,
insieme agli enti territoriali, sul modello del patto di stabilità interno,
per raggiungere l’obiettivo di una riduzione del carico tributario
complessivo;
· ad avviare, in occasione della
predisposizione delle manovre di finanza pubblica nelle quali dovrà essere
fissato la progressiva attuazione della riforma, un tavolo di confronto
specifico sul tema della riforma fiscale.
Sono allegate al
presente documento alcune esemplificazioni relative a specifiche figure di
contribuente.
Le parti convengono che nel mese di settembre l’apposita sessione di
politica dei redditi sarà dedicata anche ad un confronto sulle misure
applicative che il Governo intende trasporre nella Legge Finanziaria 2003.
2.
Lo Stato Sociale per il lavoro
Lo Stato Sociale per
il lavoro (Welfare to Work) comprende tutti gli strumenti che sono
rivolti a incoraggiare e assistere il cittadino nel suo inserimento o
reinserimento nel mercato del lavoro, allo scopo di conseguire gli obiettivi
dei Consigli Europei di Lisbona e di Barcellona.
Il Libro Bianco descrive come in Italia chi cerca un lavoro è nei fatti
lasciato a se stesso:
· inadeguatezza del livello
culturale medio della popolazione: il 20% della classe di età 15-65 anni
possiede solo la licenza elementare o non ha alcun titolo di studio e
meno del 38% possiede solo la licenza media;
· totale carenza dei servizi di
incontro tra domanda e offerta (solo il 4% dei rapporti di lavoro passa
oggi per il collocamento);
· insufficienza e inefficacia
diffusa della pur consistente spesa per formazione anche a causa del
carente monitoraggio dei fabbisogni del mercato del lavoro;
· spesa sociale prossima alla
media europea ma integrazioni al reddito del disoccupato disomogenee e
scollegate da diritti e doveri per il reinserimento lavorativo.
Inoltre, il Piano Nazionale per l’Occupazione per il 2002, accogliendo le
indicazioni dell’Unione Europea, individua come azioni prioritarie delle
politiche per l’occupazione una più elevata preparazione culturale e
professionale dei giovani e degli adulti, in modo da renderne più agevole
l’ingresso e la permanenza nel mondo del lavoro, ribadendo il nesso tra
istruzione e formazione da un lato e inclusione sociale e occupabilità dall'altro.
2.1.
Servizi per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro
Il Governo intende realizzare entro l’anno un moderno ed efficiente sistema
di servizi pubblici e privati tra loro collegati da un sistema informativo
per il lavoro (Rete dei Servizi al Lavoro):
- riordino delle regole del
collocamento, mediante rafforzamento dell’anagrafe del lavoratore,
definizione dello stato di disoccupazione, dei modi per acquisirlo e per
perderlo, e dei connessi diritti e doveri (colloquio di orientamento e
proposta di formazione o di lavoro entro tempi certi). Le misure sono
contenute nel decreto legislativo prossimo all’esame del Parlamento;
- diffusione dei servizi privati e
privato-sociali, che potranno svolgere, a determinate condizioni, tutte
le tipologie di servizio al mercato del lavoro (incontro tra domanda e
offerta, selezione, formazione, ricollocazione, lavoro interinale, ecc.).
Le misure sono contenute nel DDL 848 che privilegia e incoraggia la
gestione di questi servizi anche a cura delle stesse parti sociali;
- attivazione della Rete dei Servizi
al lavoro, inclusa una “borsa” continua del lavoro, collegando Ministero
del Lavoro e delle Politiche Sociali, enti previdenziali e servizi
all’impiego nel territorio (pubblici, privati e privato-sociali), sulla
base di un nuovo progetto atto a produrre una banca dati dei lavoratori
attivi ed in cerca di lavoro e coerente con le competenze delle Regioni.
2.2.
L’educazione per l’occupabilità
L’arricchimento
permanente delle risorse umane deve essere promosso mediante la riforma
dell’istruzione -fondata su una più elevata preparazione culturale ed un
più stretto rapporto tra scuola e lavoro- ed un migliore coordinamento
delle risorse pubbliche e private per la formazione permanente, attraverso
il negoziato e la collaborazione tra Governo (Ministeri del Lavoro e
dell’Istruzione), Regioni, Province e parti sociali.
La riforma del sistema educativo deve produrre l’innalzamento del
diritto-dovere all’istruzione e alla formazione ad una durata di almeno 12
anni, il potenziamento dell’alfabetizzazione informatica, la possibilità
ricorrente di alternare scuola e lavoro, la comunicabilità tra percorsi
scolastici e formativi. Un particolare sostegno sarà rivolto alle attività
formative correlate ai contratti di apprendistato in relazione
all’assolvimento dell’obbligo formativo fino a 18 anni.
L'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore e l'Educazione degli Adulti
hanno dimostrato di essere strumenti validi per favorire l’occupabilità. Pertanto,
occorre superare il divario rispetto agli altri Paesi dell'Unione Europea,
potenziando il sistema dell'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore con
l'obiettivo di corrispondere alle richieste espresse dal mondo del lavoro.
Ugualmente si pone quale obiettivo prioritario l’acquisizione diffusa di un
più alto livello di competenze di base (linguistiche, matematiche,
tecnologiche, sociali), mediante iniziative di educazione permanente degli
adulti tali da soddisfare le richieste per 700.000 persone l'anno a partire
dal 2003. L’educazione permanente degli adulti rappresenta infatti uno
strumento efficace per favorire l’occupabilità e l’adattabilità delle
risorse umane e professionali nonché l’inclusione sociale.
2.3. Gli
obiettivi della riforma dei sostegni al reinserimento nel lavoro
La riforma del sistema delle “tutele attive”, necessariamente graduale e a
carattere pluriennale, ha l’obiettivo di incoraggiare e assistere il
lavoratore nel processo di reinserimento nel mercato del lavoro. Si deve, pertanto,
realizzare un circolo virtuoso tra sostegno al reddito, orientamento e
formazione professionale, impiego e autoimpiego che rafforzi così la tutela
del lavoratore in situazione di disoccupazione involontaria, ne riduca il
periodo di disoccupazione, ne incentivi un atteggiamento responsabile ed
attivo verso il lavoro.
Questo nuovo sistema di “tutele attive”dovrà assicurare:
- una maggiore equità, attraverso
una migliore corrispondenza tra contribuzioni e prestazioni;
- un miglioramento complessivo del
grado di tutela economica garantita al lavoratore disoccupato involontario,
sia sotto il profilo della misura dell’indennità sia della durata della
corresponsione;
- una stretta correlazione tra
erogazione dei sussidi e diritti-doveri del disoccupato, attraverso
verifiche periodiche circa l’effettivo stato di disoccupazione
involontaria, l’immediata disponibilità e adesione ad attività di
formazione, ad altra misura o occasione di lavoro secondo modalità
definite, prevedendo la perdita di benefici in carenza di queste
condizioni;
- una tutela di ultima istanza
legata a particolari condizioni di disagio.
Le iniziative previste da questa riforma saranno coerenti con il nuovo
quadro istituzionale definito dal rinnovato Titolo V della Costituzione.
Gli obiettivi finali della riforma dovranno garantire:
a) una protezione generalizzata ed
omogenea dei disoccupati involontari;
b) protezioni integrative, aggiuntive o
sostitutive, liberamente concordate fra le parti sociali ai più vari
livelli, con prestazioni autofinanziate e gestite da organismi bilaterali
di natura privatistica;
c) contenimento del costo del lavoro
determinato dal prelievo contributivo complessivamente connesso ai vari
schemi di sostegno al reddito nei limiti massimi attuali e dalla
razionalizzazione dei benefici garantiti dalla protezione di base: ciò
anche allo scopo di liberare risorse per il finanziamento della protezione
integrativa.
L’assetto finale verrà conseguito con un graduale processo di razionalizzazione
e di riordino degli strumenti esistenti e compatibilmente con le risorse
finanziarie che si renderanno disponibili.
2.4. Le prime
misure
A questo fine un primo intervento consiste nella rapida attuazione, con il
concorso delle parti sociali, dei principi contenuti nel DDL 848bis volti a
razionalizzare gli istituti attuali, superando sprechi ed inefficienze, e a
collegare strettamente integrazioni al reddito, servizi di orientamento,
formazione come altre misure di inserimento nel mercato del lavoro, anche
attraverso gli organismi bilaterali, valutando il possibile concorso di
risorse derivanti dal Fondo Sociale Europeo.
Contestualmente, l’indennità di disoccupazione ordinaria connessa agli
attuali requisiti pieni sarà incrementata nella sua entità e durata
prevedendo:
a. indennità di base che garantisca un
sostegno al reddito complessivo per un periodo continuativo massimo di
dodici mesi, con un meccanismo a scalare che assicuri al lavoratore il 60%
dell'ultima retribuzione nei primi sei mesi, per poi scendere gradualmente
al 40% ed al 30% nei due successivi trimestri. A tal fine, il Governo si
impegna a garantire la necessaria copertura per una spesa di almeno 700
milioni di euro per anno;
b. durata massima complessiva dei
trattamenti di disoccupazione non superiore ai 24 mesi (30 mesi nel
Mezzogiorno) nel quinquennio;
c. controllo periodico sulla
permanenza nello stato di disoccupazione involontaria dei soggetti che
percepiscono l'indennità;
d. programmi formativi a frequenza
obbligatoria per i soggetti che percepiscono l’indennità, con la
certificazione finale del risultato ottenuto, nel quadro dei piani
individuali concordati con i servizi per l’impiego. In tale prospettiva
potranno essere sperimentate a livello provinciale prime forme di
bilateralità che concorrano a definire l’orientamento formativo;
e. un tavolo negoziale tra Governo,
Regioni, Province e parti sociali si riunirà entro 60giorni dal presente
accordo per concertare i modi con cui collegare efficacemente il sostegno
al reddito dei disoccupati con le attività di formazione e, più in
generale, i servizi per l’impiego con i programmi della formazione in
alternanza e continua, fermi restando i principi e le normative che
regolano il funzionamento dei Fondi ex lege 388/200, finanziati
dall’accantonamento dello 0,30% del monte salari dei lavoratori dipendenti.
In questo stesso ambito sarà esaminata in via prioritaria la possibilità di
uno specifico rimborso degli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi
di formazione dei cittadini in stato di disoccupazione involontaria,
secondo quanto indicato dall’Unione Europea. Oggetto di verifica da parte
del tavolo saranno, in particolare, i contenuti el’entità delle misure
finanziarie della riprogrammazione di metà percorso del Fondo sociale
europeo (obiettivo 3 ed obiettivo 1) nell’ambito del negoziato con la
Commissione Europea che si svolgerà nel 2003;
f. la perdita del diritto al sussidio
nel caso di rifiuto della formazione, di altra misura o occasione di
lavoro, secondo modalità definite, o di prestazione di lavoro irregolare.
Questa disciplina sostituirà, quindi, il vigente regime dell’indennità
ordinaria di disoccupazione nei settori non agricoli, preservando l’attuale
struttura dei requisiti ordinari di accesso. Rimarrà altresì inalterato il
periodo di copertura relativo ai contributi “figurativi”.
Per quanto concerne i benefici concessi sulla base di “requisiti ridotti”
appare opportuno un rafforzamento del principio di proporzionalità tra trattamenti
e periodo di contribuzione connesso ad effettiva prestazione d’opera che
adegui tale istituto alle regole sulla durata massima dei trattamenti sopra
definita, anche allo scopo di promuovere l’emersione di lavoro irregolare e
di evitare abusi e distorsioni che spesso disincentivano il ricorso a
rapporti di lavoro a tempo indeterminato.
I rapporti di lavoro a termine partecipano dei benefici sulla base dei
requisiti. Essi saranno, peraltro, monitorati per prevenire il prodursi di
una condizione di cronica precarietà cui dovrà corrispondere una
particolare tutela in termini di servizi reali. Le collaborazioni
coordinate e continuative saranno riformate in termini tali da valorizzare
le prestazioni “a progetto” e in modo tale da confermare, in ogni caso, la
loro riconducibilità all’area del lavoro autonomo (incrementandone il
prelievo contributivo), fermo restando l’impegno ad arginare con adeguata
strumentazione il fenomeno delle collaborazioni fittizie, che andranno,
invece, correttamente ricondotte, anche in virtù di un potenziamento dei
servizi ispettivi, a fattispecie di lavoro subordinato sulla base di
criteri oggettivi; così ricollocate, esse parteciperanno delle diverse
regole generali.
Per quanto attiene all’avvio del secondo livello di tutela, integrativo e
volontariamente promosso dalle parti sociali, verranno definite forme di
incentivazione adeguate per i contributi delle imprese.
Nell’ambito del
processo di riforma saranno realizzate forme di contabilità separata per
settore produttivo allo scopo di stimolare la responsabilità degli attori
sociali e l’equilibrio tra contribuzioni obbligatorie e prestazioni in
ciascun settore attraverso la trasparenza contabile. Completata la
razionalizzazione delle prestazioni e comunque non prima del 1° gennaio
2004, saranno definite per ciascun settore –attraverso un preventivo
accordo tra le organizzazioni maggiormente rappresentative dei lavoratori e
dei datori di lavoro di ciascun settore- una contribuzione di equilibrio
nonché una contribuzione di solidarietà destinata a concorrere al
finanziamento dei settori in disavanzo. Il livello di tale contribuzione di
solidarietà a carico di ciascun settore sarà fissato anche
proporzionalmente alla consistenza numerica degli assicurati e alle
prestazioni dicui beneficia il settore. In ogni caso, il livello
contributivo obbligatorio (contribuzione di equilibrio più contribuzione di
solidarietà) non potrà essere superiore –per i settori in attivo- a quello
attuale in rapporto alle prestazioni erogate. La riforma ha, infatti, lo
scopo di produrre attraverso una gestione più responsabile dei sussidi alla
disoccupazione nell’ambito di ciascun settore la progressiva riduzione
tanto dell’aliquota di equilibrio quanto della contribuzione di
solidarietà.
I settori produttivi, in particolare quelli che non usufruiscono di
ammortizzatori sociali integrativi o sostitutivi dell’indennità di
disoccupazione, promuoveranno la gestione, attraverso accordi collettivi e
mediante propri organismi bilaterali, di prestazioni integrative o
sostitutive del livello di base. Tali settori potranno, sulla base degli
accordi tra le parti, richiedere la gestione separata del livello di base,
ferma restando la contribuzione di solidarietà. L’accordo definito il 20
maggio 2002 dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle aziende
artigiane e dei loro dipendenti costituisce un utile riferimento per
l’ulteriore negoziato tra le parti del settore e per il consolidamento
delle esperienze in atto negli enti bilaterali, anche attraverso strumenti
normativi.
Nell’ambito dello stesso processo di riforma verranno previste norme di
raccordo per gli strumenti contrattuali di categoria preesistenti.
2.5. Il
riordino degli incentivi
Il riordino degli incentivi sarà orientato prioritariamente alla promozione
dei contratti a contenuto misto con certificazione dell’attività formativa
da parte degli organismi bilaterali; al reinserimento dei disoccupati di
lungo periodo; alla promozione di strumenti che possano facilitare la
mobilità del lavoro, anche al fine di accompagnare i processi di
localizzazione produttiva; all’inclusione delle donne nel mercato del
lavoro e, più in generale, all’incremento dell’occupazione, anche autonoma
e imprenditoriale, nel Mezzogiorno.
Le iniziative previste da questa riforma saranno coerenti con il nuovo
quadro istituzionale definito dal rinnovato Titolo V della Costituzione.
2.6. Misure
temporanee e sperimentali per l’occupazione regolare e la crescita
dimensionale delle imprese
Governo e parti sociali condividono il testo di delega al Governo allegato
al presente documento che contiene misure temporanee e sperimentali a
sostegno dell’occupazione regolare e della crescita dimensionale delle
imprese.
La norma proposta ha lo scopo di promuovere nuova occupazione regolare attraverso
misure sperimentali - e perciò temporanee – che hanno l’obiettivo di
incoraggiare la crescita dimensionale delle piccole imprese.
Secondo i dati del censimento Istat 1996 le imprese fra i 10 ed i 15
addetti erano 87.515, con riferimento all’industria ed ai servizi, ed
occupavano 865.000 dipendenti. Nella fascia dimensionale successiva, cioè
16-19, le imprese scendevano a 27.490 per un totale di 419.600 dipendenti.
Appare evidente che nella classe dimensionale 10-19 addetti oltre i due
terzi delle imprese si colloca nella fascia sotto i 15 dipendenti e che in
quest’ambito l’occupazione è doppia rispetto alla dimensione oltre il 15.
Tale situazione appare confermata dai dati INPS disponibili per il
1998. Il numero delle imprese nella classe di ampiezza 10-19 era di poco
superiore alle 90mila, per un totale di oltre 1,2 milioni di dipendenti.
Tra queste imprese quelle che insistono nella classe 10-15 sono quasi il
76% (quasi 70.000) per un totale di oltre 840mila dipendenti.
Più volte le parti sociali hanno concordato con il Governo il “non
computo” di alcune categorie di lavoratori (tendenzialmente i nuovi
assunti) ai fini della individuazione del campo di applicazione dello
Statuto dei Lavoratori, o comunque hanno accettato - per incrementare i livelli
di occupazione ovvero contrastare situazioni di crisi occupazionale -~ che
questi occupati aggiuntivi non dovessero essere calcolati, in modo tale da
consentire che alle aziende interessate, se inferiori in partenza ai 16
dipendenti, continuasse ad applicarsi la normativa vigente per quella
dimensione d’impresa.
Tali accordi sono stati tradotti in altrettante norme di legge che hanno
interessato i contratti di formazione e lavoro nel 1984, i contratti di
apprendistato nel 1987, i contratti di reinserimento nel 1991, i lavoratori
interinali nel 1997 e i lavoratori socialmente utili (LSU) nel 2000.
Anche in questo caso la norma~ ripropone la formula del “non computo”,
riferendola a tutti i contratti di lavoro ma limitandola - in via
sperimentale - ad un arco di tempo triennale e, per quanto riguarda lo
Statuto dei Lavoratori, al solo art. 18. A differenza delle normative e
degli accordi sopra citati essa non riguarda infatti i diritti sindacali.
La misura proposta verrà strettamente monitorata e la sperimentazione si
concluderà con una verifica congiunta del Governo con le parti sociali
sugli effetti prodotti in termini di maggiore occupazione e di crescita
dimensionale delle imprese.
In conclusione, la norma proposta non modifica in alcun modo le tutele di
cui dispongono attualmente i lavoratori italiani né la disciplina che oggi
si applica alle diverse categorie d’impresa. Essa, per contro, rappresenta
una misura promozionale per incentivare nuove assunzioni regolari a favore
di soggetti che attualmente sono esclusi da ogni tutela a partire dal vero
bene primario che è il diritto al lavoro.
Le eventuali ulteriori iniziative legislative conseguenti a questa
sperimentazione saranno definite sulla base di un necessario avviso comune
tra le parti sociali.
La norma proposta non trova logica applicazione al pubblico impiego.
2.7. Il
sostegno al reddito di ultima istanza
Il sistema di sostegno al reddito verrà completato da uno strumento di
ultima istanza, caratterizzato da elementi solidaristici e finanziato dalla
fiscalità generale.
La sperimentazione del reddito minimo di inserimento ha consentito di
verificare l’impraticabilità di individuare attraverso la legge dello Stato
soggetti aventi diritto ad entrare in questa rete di sicurezza sociale. Appare
perciò preferibile realizzare il cofinanziamento, con una quota delle
risorse del Fondo per le politiche sociali, di programmi regionali,
approvati dall’amministrazione centrale, finalizzati a garantire un reddito
essenziale ai cittadini non assistiti da altre misure di integrazione del
reddito.
L’amministrazione centrale avrà un ruolo di coordinamento e di controllo
sull’andamento e sui risultati dei programmi medesimi. L’eventuale
prosecuzione dell’esperimento relativo al reddito minimo di inserimento
dovrà essere coerente con le finalità sopra descritte e con gli obiettivi
di contrasto dell’economia sommersa.
2.8. Il
dialogo sociale
Il Governo conferma l’obiettivo dichiarato nel Libro Bianco di definire, a
completamento delle riforme in corso, uno Statuto dei Lavori che si
configuri come un testo unico sulla legislazione del lavoro e a questo
scopo istituisce una Commissione di alto profilo scientifico per
predisporne i relativi materiali. Esso assume l’impegno di convocare entro
l’anno le parti sociali per avviare il confronto che dovrà accompagnare
tutto il processo di elaborazione e di decisione relativo a questo atto
fondamentale.
Il Governo e le parti sociali si impegnano a verificare congiuntamente i
possibili contenuti di riforma del processo del lavoro allo scopo di dare
ad esso tempi più certi nell’interesse dei datori di lavoro e dei
lavoratori. Le parti sociali avvieranno altresì un confronto diretto
finalizzato a produrre un avviso comune su forme condivise di conciliazione
e di arbitrato.
Il Governo si impegna a tradurre nelle conseguenti iniziative di legge
queste intese per cui proporrà nel frattempo la soppressione dell’art. 4
del DDL 848bis.
Governo e parti sociali, inoltre, concordano di effettuare una ulteriore
fase di confronto sui temi del lavoro nel momento della redazione dei
decreti legislativi conseguenti alle leggi delega. La delega relativa alla
revisione della disciplina in materia di “cessione di ramo d’azienda” sarà
emendata nei termini previsti dal testo allegato. Su questo tema sarà
comunque richiesto alle parti sociali di produrre un avviso comune in tempi
coerenti con l’esame parlamentare.
Il Governo si impegna a promuovere entro il mese di luglio una apposita
sede di confronto con le parti sociali dedicata ai temi delle politiche
sociali. Più in generale, la spesa sociale costituisce materia di
necessario confronto con le parti sociali in relazione a tutte le misure
che la riguardano, garantendo comunque che la prossima legge finanziaria
non dovrà prevedere riduzione della spesa sociale rispetto allo scorso
anno.
L’avviso comune richiesto alle parti sociali allo scopo di promuovere
ulteriori iniziative per l’emersione dell’economia sommersa sarà recepito
dal Governo attraverso gli atti necessari.
3.
Investimenti e Occupazione nel Mezzogiorno
Il Governo e le parti sociali concordano sull’importanza da assegnare al
tema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno che assume una
valenza prioritaria nell’ambito della politica economica nazionale e di
quella comunitaria di coesione. Solo con una particolare attenzione alla
politica e agli strumenti di intervento nel Mezzogiorno è possibile
realizzare, da un lato, gli obiettivi di riequilibrio territoriale che
ispirano la politica europea di coesione economica e sociale, dall’altro
lato, gli obiettivi di crescita occupazionale stabiliti con la strategia di
Lisbona e, più recentemente, nelle conclusioni del Consiglio Europeo di
Barcellona ed assunti nel Piano Nazionale d’Azione per l’Occupazione 2002.
Il Governo e le parti sociali concordano nel considerare essenziale il
coordinamento fra Amministrazione centrale e Regioni alla luce delle
recenti riforme costituzionali.
Il Governo e le parti sociali adottano come obiettivo della loro intesa
quello di conseguire, coerentemente con il Programma comunitario obiettivo
1, un tasso di crescita del Mezzogiorno significativamente e stabilmente
superiore a quello medio dell’Unione Europea e del resto del Paese.
Unitamente a ciò, obiettivo dell’intesa è quello di conseguire, entro il
2008, un aumento del tasso di attività fino al livello del 60 per cento,
coerente con il corrispondente incremento del tasso di occupazione indicato
nel DPEF 2003-2007. Tali obiettivi richiedono una forte crescita della
competitività dell’area da realizzarsi attraverso investimenti pubblici di
qualità e interventi per l’attrazione degli investimenti che accrescano
l’accumulazione privata e la produttività.
Priorità dell’azione di Governo -che nasce dalla certezza che la
competitività di ogni sito e territorio deriva dalle sue infrastrutture,
materiali e immateriali- è la diminuzione sostanziale del gap
infrastrutturale, con una particolare attenzione per i trasporti e la
logistica, per il settore idrico ed energetico e per la ricerca e innovazione.
A questa priorità sono volti l’impegno comune con le Regioni e l’adozione
di regole concorrenziali e incentivanti nuove nell’allocazione e
nell’impiego delle risorse.
Ulteriore priorità è costituita dall’attrazione degli investimenti
nell’area, anche attraverso l’utilizzo dei Contratti di Programma. A tal
fine occorre dotare il Mezzogiorno di una capacità di offrire, in un quadro
generale di condizioni di sicurezza, siti attrezzati e procedure
semplificate.
Altre priorità sono il potenziamento e la semplificazione dei sistemi di
incentivazione, nonché le azioni volte ad accrescere la cultura di impresa
e la cooperazione progettuale all’interno degli insediamenti produttivi, a
sostenere uno sviluppo del sistema turistico orientato ad un’offerta di
qualità, a promuovere investimenti di recupero, apertura e valorizzazione
dei beni culturali e ambientali.
Punto di riferimento di tale azione rimane la politica di coesione
economica e sociale dell’Unione Europea, costituita dalla politica
regionale (e dai suoi strumenti operativi, i fondi strutturali), dai
riflessi sulla politica di coesione delle altre politiche (la concorrenza,
i trasporti, la ricerca, la politica agricola comune) e da azioni di
incentivazione. Il miglioramento nelle comunicazioni, materiali e virtuali,
nella logistica e sicurezza, nella ricerca e formazione, nella
valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, è indispensabile per
un’accelerazione significativa della produttività e degli investimenti.
Il Governo e le parti sociali condividono il principio che l’importanza
riservata al Mezzogiorno significa garantire non solo risorse finanziarie
nel quadriennio di programmazione, ma anche l’operatività degli strumenti
di spesa, la qualità della stessa e la coerenza interna di tutte le decisioni
di governo. Nella Relazione predisposta annualmente per il Parlamento si
darà conto dei progressi e dei risultati ottenuti sia dalle azioni
direttamente rivolte al Mezzogiorno, sia dalle politiche nazionali, e ne
verrà preventivamente data informazione alle parti sociali.
Per quanto riguarda le “risorse aggiuntive” rivolte al Mezzogiorno, il
Governo e le parti sociali concordano sulla necessità, già nella prossima
Legge Finanziaria (Tab. D), di mantenere il flusso di nuove risorse da
destinare a investimenti pubblici e incentivi nelle aree depresse in una
percentuale del PIL almeno pari a quella media degli ultimi anni. A tali
risorse vanno aggiunte quelle risorse da destinare al cofinanziamento degli
interventi dei fondi strutturali.
Si conferma l’obiettivo programmatico di accrescere la quota media di spesa
in conto capitale destinata al Mezzogiorno portandola ad un valore medio
del 45% del totale della spesa nel periodo 2002-2008, secondo lo schema
finanziario unico già utilizzato nel DPEF 2002-2006.
Il Governo si impegna ad assicurare, in linea con gli impegni di
addizionalità del Programma comunitario 2000-2006, che la quota di risorse
ordinarie destinata agli investimenti nel Mezzogiorno sia non inferiore al
30% del totale della spesa del settore pubblico allargato (che include, fra
gli altri, Ferrovie dello Stato, ANAS e gli altri enti preposti alla
realizzazione delle infrastrutture). La quota del 30 per cento si applica
sia alle assegnazioni che all’effettiva erogazione di risorse.
Governo e parti sociali convengono che la modernizzazione delle
Amministrazioni centrali e regionali responsabili per l’utilizzo dei fondi
aggiuntivi (comunitari e nazionali) e ordinari deve procedere speditamente,
come condizione indispensabile per il conseguimento degli obiettivi
concordati. A ciò dovrà concorrere la rigorosa attuazione dei meccanismi
premiali del Programma comunitario
Con riguardo alle Intese istituzionali di programma e ai relativi Accordi
di programma quadro, strumenti di gestione dei flussi finanziari per gli
investimenti pubblici, il Governo si impegna a rafforzare il monitoraggio
del loro stato di attuazione, delle fonti di finanziamento, dei poteri
sostitutivi attivati o attivabili. Particolare attenzione verrà posta nella
verifica dello stato di attuazione degli studi di fattibilità e nella loro
traduzione in progetti concreti.
Il Governo, nell’ambito delle attività relative alla programmazione
negoziata, si impegna a favorire, con il concorso delle parti sociali,
l’effettiva operatività della regionalizzazione dei Patti Territoriali,
prevedendo una più precisa regolamentazione degli stessi attraverso gli
istituti dell’Intesa Istituzionale di Programma e degli Accordi di
Programma Quadro, sulla base di puntuali criteri economici e occupazionali
prevedendo meccanismi premiali per il partenariato sociale. Verrà inoltre
assicurato il finanziamento dei residui 11 Patti Territoriali già istruiti.
Il Governo e le parti sociali condividono la scelta strategica di puntare
su politiche in grado di favorire la localizzazione delle attività
produttive nelle aree del Sud. Tale scelta trae la propria forza dal
fatto che tali politiche consentono, da un lato, di rafforzare il tessuto
produttivo meridionale e di favorire processi di agglomerazione produttiva
e, dall’altro lato, di fare sì che l’intervento a favore del Sud si
traduca in azioni i cui benefici ricadano anche sulle imprese del
Centro-Nord che hanno difficoltà nel reperire aree industriali e manodopera
qualificata.
Il Governo e le parti sociali sono consapevoli che il rilancio delle
politiche di sviluppo per il Mezzogiorno debba essere volto alla
valorizzazione del settore agricolo ed agroalimentare. Per superare
l’attuale frammentazione del settore, dunque, si incentiveranno i processi
di aggregazione/organizzazione dei soggetti operanti nel sistema, al fine
di favorire forme organizzative innovative di filiera nel territorio, dando
piena attuazione a quanto già previsto dal d.lgs. n.228 del 2001. Si mirerà
inoltre a riqualificare i fattori della produzione ed i servizi, favorendo
la crescita dimensionale, l’ingresso dei giovani, l’accesso
all’informatizzazione e l’innovazione di processo e di prodotto.
Il Governo e le parti sociali individuano nel Tavolo agroalimentare il
luogo privilegiato per la definizione di tutte le politiche di sviluppo per
il settore agricolo ed agroalimentare.
In questo quadro si ritiene che la cooperazione possa rappresentare uno
strumento idoneo ad avviare processi imprenditoriali diffusi e al contempo
elemento di forte coesione sociale. Il Governo ritiene che la crescita del
sistema della cooperazione sia una opportunità da valorizzare.
Il Governo metterà a punto un programma pluriennale per l’attrazione degli
investimenti nel Mezzogiorno, il cui disegno e attuazione verranno affidati
alla società Sviluppo Italia.
Il Governo e le parti sociali individuano nel Contratto di Programma, ferme
restando le attuali finalità, lo strumento di intervento principale per le
nuove politiche a favore della attrazione di insediamenti produttivi nelle
aree meridionali, anche per orientare verso il Sud i processi di
delocalizzazione produttiva in atto nel resto del Paese. Lo strumento verrà
a tale scopo adeguatamente finanziato. Verranno a questo specifico scopo
definite, d’intesa con le parti sociali, procedure e attribuzioni anche a
partire dall’esperienza della Programmazione negoziata. Attraverso il
Contratto di Programma si potranno attivare anche processi di trasferimento
di conoscenze e sapere in grado di migliorare la qualità dell’offerta di
lavoro e la diffusione delle capacità manageriali. Il tema della
valorizzazione del capitale umano rappresenta difatti un aspetto essenziale
da porre alla base della strategia di sviluppo del Mezzogiorno.
Per incentivare il
processo di attrazione di attività industriali verso il Sud, il Governo si
impegna a predisporre politiche per il rafforzamento, l’individuazione e la
predisposizione di aree attrezzate, dotate anche di un valido complesso di
servizi ecologici, al fine di consentire una consistente abbreviazione
delle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Un primo campo
di applicazione sarà rappresentato dalla depurazione delle acque reflue.
Nell’ambito di una generale semplificazione degli strumenti di
incentivazione il Governo sta procedendo a concentrare nel Mezzogiorno lo
strumento del credito d’imposta ex art. 8, legge 388/2000 per dare certezza
finanziaria e renderlo cumulabile con la “Tremonti bis” (L. 383/2001). In
questo modo il credito d’imposta, cumulato con la “Tremontibis” per un
congruo periodo di tempo, diviene così strumento di compensazione per i
maggiori costi del capitale nel Mezzogiorno. In questo quadro, anche gli
incentivi ex lege 488/92, 181/89 e quelli rivolti all’autoimprenditorialità
e all’autoimpiego svolgono un ruolo importante. A tali strumenti, come a
quelli di sostegno alla ricerca e innovazione e all’imprenditoria
femminile, saranno assegnate adeguate risorse finanziarie.
La differenza nei tassi bancari applicati al Sud rispetto al Nord e la
diversa importanza delle garanzie reali per la concessione del credito
finiscono per essere un ulteriore fattore di svantaggio competitivo per le
imprese del Mezzogiorno. Il Governo pertanto provvederà a ristrutturare e
potenziare il Fondo di garanzia, tenendo conto anche delle nuove regole di
Basilea, riconducendo a sistema le diverse istituzioni operanti nel settore
e raccordandole meglio al sistema finanziario. Inoltre, il Governo
promuoverà una riforma della legge fallimentare diretta a rendere più rapido
e efficiente il recupero del credito in modo da ridurre il costo del
denaro. Verranno inoltre predisposti meccanismi per coinvolgere le banche
non solo nell’istruttoria, ma anche e soprattutto nell’erogazione del
credito a favore delle imprese beneficiarie degli incentivi.
Il Governo si impegna ad adeguare la dotazione infrastrutturale del
Mezzogiorno ai livelli del resto del Paese, oltre che attraverso la rapida
e qualificata attuazione del Programma comunitario, attraverso la piena e
immediata attuazione della strategia nazionale della “legge-obiettivo” e
delle opere individuate, opportunamente inserite nelle Intese generali
quadro. Il Governo ha individuato un insieme di azioni strategiche per il
Mezzogiorno, sulle quali viene previsto, assieme alle parti sociali, il
monitoraggio sull’attività generale e degli investimenti del settore
pubblico allargato nonché uno più specifico dedicato alle opere più
rilevanti. Le parti sociali, dal canto loro, si impegnano a realizzare
condizioni di organizzazione del lavoro funzionali alla massima
accelerazione delle opere e della spesa.
In particolare l’attività di infrastrutturazione sarà volta:
· all’attuazione organica delle reti
idriche, volta a garantire un approvvigionamento adeguato alle necessità di
sviluppo sociale ed economico;
· a potenziare e ammodernare le reti
energetiche nonché a garantire un costo dell’energia conveniente in grado
di fornire a determinati ambiti territoriali un vantaggio competitivo in
grado di favorire il processo di attrazione di attività produttive;
· a migliorare la qualità
dell’offerta dei servizi e la qualità dell’offerta infrastrutturale e delle
politiche delle aree urbane;
· a identificare le opere che
sicuramente saranno portate a compimento nel triennio 2003-2005.
Allo stato attuale, si è in grado di assicurare che entro il 2005 sarà
possibile disporre degli interventi sul sistema integrato dei trasporti
delle principali città meridionali (sistema integrato dei trasporti di
Napoli, Bari, Catania e Palermo), sugli assi autostradali Salerno-Reggio
Calabria, Palermo-Messina, Catania-Siracusa-Gela, nonché gli interventi
relativi agli schemi idrici del Mezzogiorno e negli snodi portuali,
interportuali ed aeroportuali del Mezzogiorno previsti nella delibera del
CIPE del 21.12.2001, e quelli che verranno successivamente indicati, in un
elenco allegato.
Il Governo, inoltre, conferma l’avvio entro 36 mesi della procedura di
costruzione del Ponte sullo Stretto.
Il Governo si impegna a definire un sistema di formazione professionale che
risponda all’obiettivo di recuperare le attuali consistenti quote di
abbandoni e di insuccessi scolastici, e consenta l’acquisizione di
competenze e di abilità immediatamente spendibili sul mercato della
produzione e del lavoro. Pertanto, una particolare attenzione sarà data ai
corsi di istruzione e formazione tecnica-superiore, orientati a
specializzare giovani e adulti a livello post-secondario, nonché a
sostenere e a rilanciare l’occupazione, con particolare riguardo ai settori
delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione. Inoltre, sarà
data particolare attenzione all’educazione permanente degli adulti, quale
strumento indispensabile ad incrementare il tasso di occupazione.
Il Governo concentrerà investimenti sul versante della ricerca industriale,
sul potenziamento delle strutture scientifiche e tecnologiche e sulle
attività di alta formazione. In coerenza con le Linee guida per la politica
scientifica e tecnologica si procederà ad accrescere e potenziare la sistematica
collaborazione tra le strutture pubbliche di ricerca e il sistema
imprenditoriale, costituendo una rete permanente
scienza-innovazione-industria-commercio-turismo, per aumentare la capacità
delle imprese di trasformare le conoscenze e le tecnologie in prodotti e
processi a maggior valore aggiunto. Ciò consentirà da una parte di
valorizzare le specificità del territorio meridionale e la sua collocazione
centrale nel Mediterraneo, dall’altra di creare nuove occasioni nei settori
produttivi ad alta tecnologia. Determinante, a tal fine, sarà una politica
volta a creare, o valorizzare, distretti di alta tecnologia e centri
di eccellenzascientifica in aree prioritarie.
Il Governo è consapevole che, soprattutto nel Mezzogiorno, garantire la
sicurezza dei cittadini e delle imprese significa porre la pre-condizione
per uno sviluppo serio e duraturo. In quest’ottica, intensificherà la
prevenzione e il contrasto della criminalità di ogni tipo, in particolare
di quella organizzata,la confisca dei beni di provenienza illecita, la
destinazione per fini di utilità sociale dei beni confiscati. Inoltre, è in
fase di elaborazione un sistema di monitoraggio degli appalti, che eviti le
infiltrazioni di tipo mafioso nella utilizzazione dei fondi destinati alle
grandi opere. A questo scopo sono state attivate le procedure necessarie
per acquisire i fondi provenienti dall’Unione Europea finalizzate a
potenziare le strutture informatiche delle forze di polizia.
Il Governo e le parti sociali convengono di dare seguito al presente
documento attraverso una ulteriore fase di lavoro comune dedicata:
· alla verifica delle azioni in corso
allo scopo di garantirne la migliore efficacia attraverso la definizione di
processi decisionali e di modalità operative più rapide;
· alla individuazione e attrazione di
specifici progetti di attrazione nelle aree attrezzate del Mezzogiorno allo
scopo di accompagnarli con accordi quali quelli delle procedure del
contratto d’area, finalizzati a semplificare i tempi e i modi delle procedure
autorizzative;
· a condividere più in generale i
modi con cui conseguire un contesto istituzionale e sociale idoneo a
garantire certezze agli investimenti nel Mezzogiorno;
· a realizzare specifiche verifiche
con riferimento agli investimenti infrastrutturali, all’utilizzo dei Fondi
Strutturali, agli strumenti di incentivazione, all’attrazione degli
investimenti, al risanamento ambientale, allo sviluppo delle risorse umane
attraverso la scuola e la formazione, alla sicurezza del territorio.
Allegato
1
Riforma Fiscale
IPOTESI DI LAVORO
TRE CASI TIPICI DI RIDUZIONE DI IMPOSTA PER IL 2003
1. Livello
di reddito imponibile di 9mila euro (18milioni di lire), tipico delle
categorie operaie nei settori maggiormente interessati dal provvedimento
sull’emersione del lavoro irregolare (servizi, edilizia)
La riduzione di imposta è di almeno 500 euro (circa 1milione di lire) su
base annua, pari a circa il 40% per i lavoratori senza carichi familiari e
a percentuali maggiori per i lavoratori con carichi familiari
2. Livello di reddito
imponibile di 17,5mila euro (35 milioni di lire), corrispondente ad una
buona retribuzione imponibile nel settore industriale
La riduzione di imposta è di almeno 250 euro (circa 500mila lire) su base
annua, pari a circa il 7% per i lavoratori senza carichi familiari, e a
percentuali maggiori per i lavoratori con carichi familiari
3. Livello di reddito
imponibile di 7,5 mila euro (15milioni di lire), corrispondente ad una
pensione superiore al minimo per circa mille euro (1 milione di lire).
La riduzione di imposta è di almeno 250 euro (circa 500mila lire) su base
annua, pari a più del 50% per i pensionati senza carichi familiari, e a
percentuali maggiori per i pensionati con carichi familiari
ESEMPLIFICAZIONI
SPECIFICHE PER I BASSI REDDITI
EFFETTI
DELL’ACCORDO SUI MINIMI
CONTRATTUALI
(Valori in euro)
LAVORATORE e PENSIONATO SENZA CARICHI FAMILIARI IRPEF
2002 ACCORDO
IRPEF 2003 DIFF.
2003 - 2002 VAR. % 2003-02
Impiegato servizi di pulizia (euro 10.646,44
annue) 1.488,95
1.007,09
-481,85
-32,4%
Operaio piccola industria edilizia (euro 8.893,50
annue) 1.066,48
490,12
-576,37
-54,0%
Pensionato al minimo (euro 516 al
mese) 287,67
0,00 -287,67
-100,0%
Altro pensionato con 9.000 euro annue 1.086,63
521,62
-565,00
-52,0%
EFFETTI
DELL'ACCORDO SUI MINIMI
CONTRATTUALI
(Valori in migliaia di lire)
LAVORATORE e
PENSIONATO SENZA CARICHI FAMILIARI IRPEF
2002 ACCORDO IRPEF
2003 DIFF.
2003 - 2002 VAR. % 2003-02
Impiegato servizi
di pulizia (Lit.20.614 annue) 2.883
1.950
-933
-32,4%
Operaio piccola industria edilizia (Lit. 17.220 annue) 2.065
949 -1.116
-54,0%
Pensionato al minimo (un milione al
mese) 557 -
-557
-100,0%
Altro pensionato con Lit. 17.426 annue 2.104
1.010
-1.094
-52,0%
Allegato 2
Art. …. (Delega al
Governo in materia di altre misure temporanee e sperimentali a sostegno
della occupazione regolare e della crescita dimensionale delle imprese)
1. Ai fini di sostegno della
occupazione regolare e della crescita dimensionale delle imprese il Governo
è delegato ad emanare in via sperimentale uno o più decreti legislativi,
entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente
legge, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) ai fini della individuazione del
campo di applicazione dell’articolo 18 della Legge 20 maggio 1970, n. 300,
e successive modificazioni, non computo nel numero dei dipendenti occupati
delle nuove assunzioni mediante rapporti di lavoro a tempo indeterminato, anche
part-time, o con contratto di formazione e lavoro, instaurati nell’arco di
tre anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi;
b) inapplicabilità della misura di cui
alla lettera a) ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, già
rientranti, al momento dell’entrata in vigore della presente legge, nel
campo di applicazione dell’articolo 18 della Legge 20 maggio 1970, n. 300,
e successive modificazioni, in quanto abbiano occupato mediamente nei
dodici mesi precedenti, un numero di dipendenti corrispondente alle soglie
dimensionali indicate dallo stesso articolo 18;
c) non riconducibilità al concetto di
nuova assunzione delle ipotesi di subentro di un’impresa ad un'altra nella
esecuzione di un appalto, là dove presente una disposizione di legge o una
clausola contrattuale a tutela del passaggio del personale alle dipendenze
dell’impresa subentrante;
d) previsione di misure di
monitoraggio coerenti con la natura sperimentale del provvedimento;
e) previsione che decorsi ventiquattro
mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al
presente articolo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
procederà a una verifica, con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei
lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, degli
effetti sulle dimensioni delle imprese, sul mercato del lavoro e sui
livelli di occupazione nel frattempo determinatisi, al fine di consentire
al Governo di riferirne al Parlamento e valutare l’efficacia della misura.
Allegato
3
DDL
848-A
Art. 1, comma
2, lett l)
~~~~~~~~l)
revisione del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.~18, che ha modificato
l’articolo 2112 del codice civile in tema di trasferimento d’azienda, al
fine di armonizzarlo con la disciplina contenuta nella presente delega
basata sui seguenti criteri direttivi:
1) completa conformazione della
disciplina vigente con la normativa comunitaria, anche alla luce del
necessario coordinamento con la Legge 1 marzo 2002, n. 39, che dispone la
recezione, tra le altre, anche della direttiva del Parlamento europeo e del
Consiglio n. 2001/23/CE, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento
delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti
dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di
parti di imprese o di stabilimenti;
2) previsione del requisito
dell’autonomia funzionale del ramo di azienda nel momento del suo
trasferimento;
3) previsione di un regime particolare
di solidarietà tra appaltante e appaltatore, nei limiti di cui all’art.
1676 del codice civile, per le ipotesi in cui il contratto di appalto sia
connesso ad una cessione di ramo di azienda.
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