PATTO, Contratto per il lavoro

 

 

 

 

 

 

 

Patto per l’Italia - Contratto per il Lavoro
Intesa per la competitività e l’inclusione sociale


Premessa

Governo e parti sociali assumono quali obiettivi alti e condivisi del presente accordo quelli definiti per tutti i Paesi dell’Unione Europea dai Vertici di Lisbona e di Barcellona, secondo i quali dinamismo economico e giustizia sociale devono procedere di pari passo. Nella economia della conoscenza le ragioni della competitività e della inclusione sociale tendono a convergere nel comune obiettivo della valorizzazione delle risorse umane in primo luogo attraverso l’incremento dei tassi di occupazione regolare, il cui livello medio in Europa dovrà raggiungere il 70% entro il 2010.

L’Italia è il Paese in Europa con il più basso livello di occupazione e con i maggiori squilibri territoriali e di genere.

L’organizzazione di un mercato del lavoro moderno, trasparente ed efficiente, l’emersione del lavoro sommerso, le politiche dell’educazione e della formazione, la riduzione della pressione fiscale sui redditi medio-bassi costituiscono le azioni convergenti per produrre una più tempestiva traduzione della crescita economica in nuovi e migliori posti di lavoro.

Lo sviluppo economico e la crescita dell’occupazione nel Mezzogiorno oltre i livelli medi nazionali costituiscono la misura principale del successo delle politiche condivise in questo documento.

La competitività dell’intero sistema Paese si realizza attraverso la rimozione degli ostacoli alla nuova occupazione, orientando così gli investimenti alla innovazione dei prodotti, alla formazione del capitale umano e alla crescita delle imprese.

Le riforme qui negoziate sono quindi tutte rivolte a stimolare i consumi e lo sviluppo nonché a promuovere una società più attiva e dinamica, più equa in termini di inclusione sociale e di integrazione territoriale, più moderna in termini di regole, di istituzioni e di servizi di pubblica utilità.    


1. Politica dei redditi e di coesione sociale


Il Governo e le parti sociali convengono che una efficace politica dei redditi, secondo quanto previsto dal Protocollo del 23 luglio 1993, è lo strumento principale per dare stabilità e forza alla crescita economica, assicurare il perseguimento dell’equilibrio della finanza pubblica compatibilmente con gli impegni del Patto di stabilità e di crescita così come in ultimo definiti nel Consiglio Europeo di Siviglia, salvaguardare il potere d’acquisto delle retribuzioni, conseguire l’innalzamento del tasso di occupazione secondo quanto deciso dal Consiglio Europeo di Lisbona.

La politica dei redditi derivata dagli accordi del 1992 e del 1993 ha contribuito a controllare la dinamica del tasso di inflazione e a realizzare il risanamento finanziario, condizioni fondamentali per garantire un sano e duraturo sviluppo del reddito e dell’occupazione. Tali accordi si sono rivelati uno strumento importante per condurre l'Italia nell’Unione Economica e Monetaria.

L'accordo sulla politica dei redditi e di coesione sociale che si realizza oggi dovrà accompagnare il conseguimento degli obiettivi di Barcellona e di Lisbona realizzando una virtuosa convergenza tra crescita economica, competitività, incremento dell’occupazione e inclusione sociale.

La riduzione del tasso di inflazione verso i livelli medi europei è destinata a continuare nel 2003. Obiettivo del Governo è quello di rafforzare questa tendenza individuando tassi di inflazione programmati in linea con gli andamenti dell’economia e con i risultati da perseguire. Il Governo concorre al contenimento dell’inflazione attraverso comportamenti coerenti in materia di tariffe, prezzi e salari, attivando gli organi istituzionali preposti, nei limiti delle competenze di legge e delle regole di mercato. Il miglioramento della produttività e la progressiva riduzione del cuneo fiscale sul lavoro potranno contribuire ulteriormente a fare crescere il reddito disponibile delle famiglie.

Le parti prendono atto del quadro macroeconomico e di finanza pubblica illustrato dal Governo ai fini della predisposizione del DPEF 2003-2006 e convengono sugli obiettivi di crescita del PIL e del tasso di occupazione. Il Governo si impegna ad assicurare le risorse necessarie ad avviare la riforma fiscale e quella degli ammortizzatori sociali, a realizzare i previsti interventi nel Mezzogiorno, a rilanciare la ricerca e l’innovazione, a finanziare la riforma del sistema scolastico e formativo e le politiche attive per l’occupazione.

In questo quadro, la riforma fiscale in esame al Parlamento assume per il Governo il carattere di elemento propulsivo dello sviluppo, stimolando i consumi e la crescita e avviando un processo di riduzione del carico fiscale sulle persone, sulle famiglie e sulle imprese. Il Governo si impegna quindi:

·       
a dare priorità alla riduzione della tassazione personale, sia nei tempi sia nel volume di riduzione del prelievo, nell’ambito delle risorse che annualmente si renderanno disponibili con la manovra di finanza pubblica;
·       a ricavare nell’ambito della prossima manovra finanziaria a) per il 2003, almeno 5,5 miliardi di euro da destinare ad un primo importante avvio di riforma della tassazione personale, concentrato sui redditi compresi tra 0 e 25mila euro, b) le risorse per consentire dal 2003 una riduzione pari ad almeno due punti di aliquota dell’imposta sulle persone giuridiche, c) disponibilità finanziarie pari a 500 milioni di euro per avviare sin dal 2003 –nel presupposto del necessario accordo con le Regioni per evitare effetti di duplicazione- la riforma dell’IRAP, iniziando dalla riduzione nella base imponibile della componente delle retribuzioni;
·       a privilegiare, coerentemente all’attuazione della riforma, quegli aspetti che sono produttivi di benefici diretti verso le fasce di reddito medio–basse, in considerazione anche dei contemporanei processi di emersione. In particolare, tali benefici, nonché il perseguimento di una vera progressività, saranno realizzati attraverso deduzioni e trasferimenti specifici correlati in tendenza alla soglia di povertà e quindi valevoli in prevalenza per i redditi bassi;
·       a garantire, in sede di attuazione e compatibilmente con lo schema sopra delineato, che la riforma tenga in debita considerazione la condizione familiare del contribuente attraverso un accrescimento delle relative deduzioni (e, quindi, della soglia esente), nonché la loro modulazione in base alla numerosità dei carichi di famiglia ed alla condizione reddituale personale;
·       a riconoscere una specifica deduzione per i lavoratori dipendenti e per i pensionati che forfettizzi i costi per spese di produzione del reddito, anch’essa modulata in base al reddito complessivo del lavoratore;
·       a garantire un livello di esenzione per i soli percettori di redditi da pensione non inferiore all’attuale livello minimo stabilito dal Governo (516 euro al mese);
·       ad applicare le norme sulla “capitalizzazione sottile” (thin capitalisation) in termini compatibili con le caratteristiche del sistema produttivo italiano, tenendo conto dei livelli di coinvolgimento del patrimonio individuale del titolare e dei soci;
·       a definire modi e livelli di tassazione delle operazioni straordinarie più favorevoli rispetto a quelli inerenti il regime della tassazione ordinaria;
·       ad introdurre una contabilità semplificata per le piccole e medie imprese con riferimento alla normativa IVA nonché il concordato triennale preventivo per l’imposizione sul reddito di impresa e di lavoro autonomo;
·       a garantire l’invarianza dell’attuale carico fiscale per il settore agricolo in materia di IVA e di IRAP per il 2003, in attesa della più completa riforma del regime impositivo, ferma restando l’esecuzione del credito di imposta per il 2002, secondo la formulazione concordata;
·       a predisporre strumenti di monitoraggio e controllo del livello della pressione fiscale locale, insieme agli enti territoriali, sul modello del patto di stabilità interno, per raggiungere l’obiettivo di una riduzione del carico tributario complessivo;
·       ad avviare, in occasione della predisposizione delle manovre di finanza pubblica nelle quali dovrà essere fissato la progressiva attuazione della riforma, un tavolo di confronto specifico sul tema della riforma fiscale.

Sono allegate al presente documento alcune esemplificazioni relative a specifiche figure di contribuente.

Le parti convengono che nel mese di settembre l’apposita sessione di politica dei redditi sarà dedicata anche ad un confronto sulle misure applicative che il Governo intende trasporre nella Legge Finanziaria 2003.




2. Lo Stato Sociale per il lavoro


Lo Stato Sociale per il lavoro (Welfare to Work) comprende tutti gli strumenti che sono rivolti a incoraggiare e assistere il cittadino nel suo inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro, allo scopo di conseguire gli obiettivi dei Consigli Europei di Lisbona e di Barcellona.

Il Libro Bianco descrive come in Italia chi cerca un lavoro è nei fatti lasciato a se stesso:

·       inadeguatezza del livello culturale medio della popolazione: il 20% della classe di età 15-65 anni  possiede solo la licenza elementare o non ha alcun titolo di studio e meno del 38% possiede solo la licenza media;
·       totale carenza dei servizi di incontro tra domanda e offerta (solo il 4% dei rapporti di lavoro passa oggi per il collocamento);
·       insufficienza e inefficacia diffusa della pur consistente spesa per formazione anche a causa del carente monitoraggio dei fabbisogni del mercato del lavoro;
·       spesa sociale prossima alla media europea ma integrazioni al reddito del disoccupato disomogenee e scollegate da diritti e doveri per il reinserimento lavorativo.

Inoltre, il Piano Nazionale per l’Occupazione per il 2002, accogliendo le indicazioni dell’Unione Europea, individua come azioni prioritarie delle politiche per l’occupazione una più elevata preparazione culturale e professionale dei giovani e degli adulti, in modo da renderne più agevole l’ingresso e la permanenza nel mondo del lavoro, ribadendo il nesso tra istruzione e formazione da un lato e inclusione sociale e occupabilità dall'altro.


2.1.     Servizi per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro

Il Governo intende realizzare entro l’anno un moderno ed efficiente sistema di servizi pubblici e privati tra loro collegati da un sistema informativo per il lavoro (Rete dei Servizi al Lavoro):

-       riordino delle regole del collocamento, mediante rafforzamento dell’anagrafe del lavoratore, definizione dello stato di disoccupazione, dei modi per acquisirlo e per perderlo, e dei connessi diritti e doveri (colloquio di orientamento e proposta di formazione o di lavoro entro tempi certi). Le misure sono contenute nel decreto legislativo prossimo all’esame del Parlamento;

-       diffusione dei servizi privati e privato-sociali, che potranno svolgere, a determinate condizioni, tutte le tipologie di servizio al mercato del lavoro (incontro tra domanda e offerta, selezione, formazione, ricollocazione, lavoro interinale, ecc.). Le misure sono contenute nel DDL 848 che privilegia e incoraggia la gestione di questi servizi anche a cura delle stesse parti sociali;

-       attivazione della Rete dei Servizi al lavoro, inclusa una “borsa” continua del lavoro, collegando Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, enti previdenziali e servizi all’impiego nel territorio (pubblici, privati e privato-sociali), sulla base di un nuovo progetto atto a produrre una banca dati dei lavoratori attivi ed in cerca di lavoro e coerente con le competenze delle Regioni.


2.2. L’educazione per l’occupabilità

L’arricchimento permanente delle risorse umane deve essere promosso mediante la riforma dell’istruzione -fondata su una più elevata preparazione culturale ed un più stretto rapporto tra scuola e lavoro- ed un migliore coordinamento delle risorse pubbliche e private per la formazione permanente, attraverso il negoziato e la collaborazione tra Governo (Ministeri del Lavoro e dell’Istruzione), Regioni, Province e parti sociali.
        
La riforma del sistema educativo deve produrre l’innalzamento del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione ad una durata di almeno 12 anni, il potenziamento dell’alfabetizzazione informatica, la possibilità ricorrente di alternare scuola e lavoro, la comunicabilità tra percorsi scolastici e formativi. Un particolare sostegno sarà rivolto alle attività formative correlate ai contratti di apprendistato in relazione all’assolvimento dell’obbligo formativo fino a 18 anni.

L'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore e l'Educazione degli Adulti hanno dimostrato di essere strumenti validi per favorire l’occupabilità. Pertanto, occorre superare il divario rispetto agli altri Paesi dell'Unione Europea, potenziando il sistema dell'Istruzione e Formazione Tecnica Superiore con l'obiettivo di corrispondere alle richieste espresse dal mondo del lavoro.

Ugualmente si pone quale obiettivo prioritario l’acquisizione diffusa di un più alto livello di competenze di base (linguistiche, matematiche, tecnologiche, sociali), mediante iniziative di educazione permanente degli adulti tali da soddisfare le richieste per 700.000 persone l'anno a partire dal 2003. L’educazione permanente degli adulti rappresenta infatti uno strumento efficace per favorire l’occupabilità e l’adattabilità delle risorse umane e professionali nonché l’inclusione sociale.



2.3. Gli obiettivi della riforma dei sostegni al reinserimento nel lavoro

La riforma del sistema delle “tutele attive”, necessariamente graduale e a carattere pluriennale, ha l’obiettivo di incoraggiare e assistere il lavoratore nel processo di reinserimento nel mercato del lavoro. Si deve, pertanto, realizzare un circolo virtuoso tra sostegno al reddito, orientamento e formazione professionale, impiego e autoimpiego che rafforzi così la tutela del lavoratore in situazione di disoccupazione involontaria, ne riduca il periodo di disoccupazione, ne incentivi un atteggiamento responsabile ed attivo verso il lavoro.

Questo nuovo sistema di “tutele attive”dovrà assicurare:
-       una maggiore equità, attraverso una migliore corrispondenza tra contribuzioni e prestazioni;
-       un miglioramento complessivo del grado di tutela economica garantita al lavoratore disoccupato involontario, sia sotto il profilo della misura dell’indennità sia della durata della corresponsione;
-       una stretta correlazione tra erogazione dei sussidi e diritti-doveri del disoccupato, attraverso verifiche periodiche circa l’effettivo stato di disoccupazione involontaria, l’immediata disponibilità e adesione ad attività di formazione, ad altra misura o occasione di lavoro secondo modalità definite, prevedendo la perdita di benefici in carenza di queste condizioni;
-       una tutela di ultima istanza legata a particolari condizioni di disagio.

Le iniziative previste da questa riforma saranno coerenti con il nuovo quadro istituzionale definito dal rinnovato Titolo V della Costituzione.

Gli obiettivi finali della riforma dovranno garantire:
a)      una protezione generalizzata ed omogenea dei disoccupati involontari;
b)      protezioni integrative, aggiuntive o sostitutive, liberamente concordate fra le parti sociali ai più vari livelli, con prestazioni autofinanziate e gestite da organismi bilaterali di natura privatistica;
c)      contenimento del costo del lavoro determinato dal prelievo contributivo complessivamente connesso ai vari schemi di sostegno al reddito nei limiti massimi attuali e dalla razionalizzazione dei benefici garantiti dalla protezione di base: ciò anche allo scopo di liberare risorse per il finanziamento della protezione integrativa.

L’assetto finale verrà conseguito con un graduale processo di razionalizzazione e di riordino degli strumenti esistenti e compatibilmente con le risorse finanziarie che si renderanno disponibili.


2.4. Le prime misure

A questo fine un primo intervento consiste nella rapida attuazione, con il concorso delle parti sociali, dei principi contenuti nel DDL 848bis volti a razionalizzare gli istituti attuali, superando sprechi ed inefficienze, e a collegare strettamente integrazioni al reddito, servizi di orientamento, formazione come altre misure di inserimento nel mercato del lavoro, anche attraverso gli organismi bilaterali, valutando il possibile concorso di risorse derivanti dal Fondo Sociale Europeo.

Contestualmente, l’indennità di disoccupazione ordinaria connessa agli attuali requisiti pieni sarà incrementata nella sua entità e durata prevedendo:

a.      indennità di base che garantisca un sostegno al reddito complessivo per un periodo continuativo massimo di dodici mesi, con un meccanismo a scalare che assicuri al lavoratore il 60% dell'ultima retribuzione nei primi sei mesi, per poi scendere gradualmente al 40% ed al 30% nei due successivi trimestri. A tal fine, il Governo si impegna a garantire la necessaria copertura per una spesa di almeno 700 milioni di euro per anno;

b.      durata massima complessiva dei trattamenti di disoccupazione non superiore ai 24 mesi (30 mesi nel Mezzogiorno) nel quinquennio;

c.      controllo periodico sulla permanenza nello stato di disoccupazione involontaria dei soggetti che percepiscono l'indennità;

d.      programmi formativi a frequenza obbligatoria per i soggetti che percepiscono l’indennità, con la certificazione finale del risultato ottenuto, nel quadro dei piani individuali concordati con i servizi per l’impiego. In tale prospettiva potranno essere sperimentate a livello provinciale prime forme di bilateralità che concorrano a definire l’orientamento formativo;

e.      un tavolo negoziale tra Governo, Regioni, Province e parti sociali si riunirà entro 60giorni dal presente accordo per concertare i modi con cui collegare efficacemente il sostegno al reddito dei disoccupati con le attività di formazione e, più in generale, i servizi per l’impiego con i programmi della formazione in alternanza e continua, fermi restando i principi e le normative che regolano il funzionamento dei Fondi ex lege 388/200, finanziati dall’accantonamento dello 0,30% del monte salari dei lavoratori dipendenti. In questo stesso ambito sarà esaminata in via prioritaria la possibilità di uno specifico rimborso degli oneri derivanti dalla partecipazione ai corsi di formazione dei cittadini in stato di disoccupazione involontaria, secondo quanto indicato dall’Unione Europea. Oggetto di verifica da parte del tavolo saranno, in particolare, i contenuti el’entità delle misure  finanziarie della riprogrammazione di metà percorso del Fondo sociale europeo (obiettivo 3 ed obiettivo 1) nell’ambito del negoziato con la Commissione Europea che si svolgerà nel 2003;

f.      la perdita del diritto al sussidio nel caso di rifiuto della formazione, di altra misura o occasione di lavoro, secondo modalità definite, o di prestazione di lavoro irregolare.

Questa disciplina sostituirà, quindi, il vigente regime dell’indennità ordinaria di disoccupazione nei settori non agricoli, preservando l’attuale struttura dei requisiti ordinari di accesso. Rimarrà altresì inalterato il periodo di copertura relativo ai contributi “figurativi”.

Per quanto concerne i benefici concessi sulla base di “requisiti ridotti” appare opportuno un rafforzamento del principio di proporzionalità tra trattamenti e periodo di contribuzione connesso ad effettiva prestazione d’opera che adegui tale istituto alle regole sulla durata massima dei trattamenti sopra definita, anche allo scopo di promuovere l’emersione di lavoro irregolare e di evitare abusi e distorsioni che spesso disincentivano il ricorso a rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

I rapporti di lavoro a termine partecipano dei benefici sulla base dei requisiti. Essi saranno, peraltro, monitorati per prevenire il prodursi di una condizione di cronica precarietà cui dovrà corrispondere una particolare tutela in termini di servizi reali. Le collaborazioni coordinate e continuative saranno riformate in termini tali da valorizzare le prestazioni “a progetto” e in modo tale da confermare, in ogni caso, la loro riconducibilità all’area del lavoro autonomo (incrementandone il prelievo contributivo), fermo restando l’impegno ad arginare con adeguata strumentazione il fenomeno delle collaborazioni fittizie, che andranno, invece, correttamente ricondotte, anche in virtù di un potenziamento dei servizi ispettivi, a fattispecie di lavoro subordinato sulla base di criteri oggettivi; così ricollocate, esse parteciperanno delle diverse regole generali.

Per quanto attiene all’avvio del secondo livello di tutela, integrativo e volontariamente promosso dalle parti sociali, verranno definite forme di incentivazione adeguate per i contributi delle imprese.

Nell’ambito del processo di riforma saranno realizzate forme di contabilità separata per settore produttivo allo scopo di stimolare la responsabilità degli attori sociali e l’equilibrio tra contribuzioni obbligatorie e prestazioni in ciascun settore attraverso la trasparenza contabile. Completata la razionalizzazione delle prestazioni e comunque non prima del 1° gennaio 2004, saranno definite per ciascun settore –attraverso un preventivo accordo tra le organizzazioni maggiormente rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro di ciascun settore- una contribuzione di equilibrio nonché una contribuzione di solidarietà destinata a concorrere al finanziamento dei settori in disavanzo. Il livello di tale contribuzione di solidarietà a carico di ciascun settore sarà fissato anche proporzionalmente alla consistenza numerica degli assicurati e alle prestazioni dicui beneficia il settore. In ogni caso, il livello contributivo obbligatorio (contribuzione di equilibrio più contribuzione di solidarietà) non potrà essere superiore –per i settori in attivo- a quello attuale in rapporto alle prestazioni erogate. La riforma ha, infatti, lo scopo di produrre attraverso una gestione più responsabile dei sussidi alla disoccupazione nell’ambito di ciascun settore la progressiva riduzione tanto dell’aliquota di equilibrio quanto della contribuzione di solidarietà.
I settori produttivi, in particolare quelli che non usufruiscono di ammortizzatori sociali integrativi o sostitutivi dell’indennità di disoccupazione, promuoveranno la gestione, attraverso accordi collettivi e mediante propri organismi bilaterali, di prestazioni integrative o sostitutive del livello di base. Tali settori potranno, sulla base degli accordi tra le parti, richiedere la gestione separata del livello di base, ferma restando la contribuzione di solidarietà. L’accordo definito il 20 maggio 2002 dalle organizzazioni maggiormente rappresentative delle aziende artigiane e dei loro dipendenti costituisce un utile riferimento per l’ulteriore negoziato tra le parti del settore e per il consolidamento delle esperienze in atto negli enti bilaterali, anche attraverso strumenti normativi.
Nell’ambito dello stesso processo di riforma verranno previste norme di raccordo per gli strumenti contrattuali di categoria preesistenti.


2.5. Il riordino degli incentivi

Il riordino degli incentivi sarà orientato prioritariamente alla promozione dei contratti a contenuto misto con certificazione dell’attività formativa da parte degli organismi bilaterali; al reinserimento dei disoccupati di lungo periodo; alla promozione di strumenti che possano facilitare la mobilità del lavoro, anche al fine di accompagnare i processi di localizzazione produttiva; all’inclusione delle donne nel mercato del lavoro e, più in generale, all’incremento dell’occupazione, anche autonoma e imprenditoriale, nel Mezzogiorno.

Le iniziative previste da questa riforma saranno coerenti con il nuovo quadro istituzionale definito dal rinnovato Titolo V della Costituzione.



2.6. Misure temporanee e sperimentali per l’occupazione regolare e la crescita dimensionale delle imprese

Governo e parti sociali condividono il testo di delega al Governo allegato al presente documento che contiene misure temporanee e sperimentali a sostegno dell’occupazione regolare e della crescita dimensionale delle imprese.

La norma proposta ha lo scopo di promuovere nuova occupazione regolare attraverso misure sperimentali - e perciò temporanee – che hanno l’obiettivo di incoraggiare la crescita dimensionale delle piccole imprese.

Secondo i dati del censimento Istat 1996 le imprese fra i 10 ed i 15 addetti erano 87.515, con riferimento all’industria ed ai servizi, ed occupavano 865.000 dipendenti. Nella fascia dimensionale successiva, cioè 16-19, le imprese scendevano a 27.490 per un totale di 419.600 dipendenti. Appare evidente che nella classe dimensionale 10-19 addetti oltre i due terzi delle imprese si colloca nella fascia sotto i 15 dipendenti e che in quest’ambito l’occupazione è doppia rispetto alla dimensione oltre il 15.

Tale situazione appare confermata dai dati INPS disponibili per il 1998. Il numero delle imprese nella classe di ampiezza 10-19 era di poco superiore alle 90mila, per un totale di oltre 1,2 milioni di dipendenti. Tra queste imprese quelle che insistono nella classe 10-15 sono quasi il 76% (quasi 70.000) per un totale di oltre 840mila dipendenti.

Più volte le parti sociali hanno concordato con il Governo il “non computo” di alcune categorie di lavoratori (tendenzialmente i nuovi assunti) ai fini della individuazione del campo di applicazione dello Statuto dei Lavoratori, o comunque hanno accettato - per incrementare i livelli di occupazione ovvero contrastare situazioni di crisi occupazionale -~ che questi occupati aggiuntivi non dovessero essere calcolati, in modo tale da consentire che alle aziende interessate, se inferiori in partenza ai 16 dipendenti, continuasse ad applicarsi la normativa vigente per quella dimensione d’impresa.

Tali accordi sono stati tradotti in altrettante norme di legge che hanno interessato i contratti di formazione e lavoro nel 1984, i contratti di apprendistato nel 1987, i contratti di reinserimento nel 1991, i lavoratori interinali nel 1997 e i lavoratori socialmente utili (LSU) nel 2000.

Anche in questo caso la norma~ ripropone la formula del “non computo”, riferendola a tutti i contratti di lavoro ma limitandola - in via sperimentale - ad un arco di tempo triennale e, per quanto riguarda lo Statuto dei Lavoratori, al solo art. 18. A differenza delle normative e degli accordi sopra citati essa non riguarda infatti i diritti sindacali. La misura proposta verrà strettamente monitorata e la sperimentazione si concluderà con una verifica congiunta del Governo con le parti sociali sugli effetti prodotti in termini di maggiore occupazione e di crescita dimensionale delle imprese.

In conclusione, la norma proposta non modifica in alcun modo le tutele di cui dispongono attualmente i lavoratori italiani né la disciplina che oggi si applica alle diverse categorie d’impresa. Essa, per contro, rappresenta una misura promozionale per incentivare nuove assunzioni regolari a favore di soggetti che attualmente sono esclusi da ogni tutela a partire dal vero bene primario che è il diritto al lavoro.

Le eventuali ulteriori iniziative legislative conseguenti a questa sperimentazione saranno definite sulla base di un necessario avviso comune tra le parti sociali.

La norma proposta non trova logica applicazione al pubblico impiego.


2.7.  Il sostegno al reddito di ultima istanza

Il sistema di sostegno al reddito verrà completato da uno strumento di ultima istanza, caratterizzato da elementi solidaristici e finanziato dalla fiscalità generale.

La sperimentazione del reddito minimo di inserimento ha consentito di verificare l’impraticabilità di individuare attraverso la legge dello Stato soggetti aventi diritto ad entrare in questa rete di sicurezza sociale. Appare perciò preferibile realizzare il cofinanziamento, con una quota delle risorse del Fondo per le politiche sociali, di programmi regionali, approvati dall’amministrazione centrale, finalizzati a garantire un reddito essenziale ai cittadini non assistiti da altre misure di integrazione del reddito.

L’amministrazione centrale avrà un ruolo di coordinamento e di controllo sull’andamento e sui risultati dei programmi medesimi. L’eventuale prosecuzione dell’esperimento relativo al reddito minimo di inserimento dovrà essere coerente con le finalità sopra descritte e con gli obiettivi di contrasto dell’economia sommersa.



2.8. Il dialogo sociale

Il Governo conferma l’obiettivo dichiarato nel Libro Bianco di definire, a completamento delle riforme in corso, uno Statuto dei Lavori che si configuri come un testo unico sulla legislazione del lavoro e a questo scopo istituisce una Commissione di alto profilo scientifico per predisporne i relativi materiali. Esso assume l’impegno di convocare entro l’anno le parti sociali per avviare il confronto che dovrà accompagnare tutto il processo di elaborazione e di decisione relativo a questo atto fondamentale.

Il Governo e le parti sociali si impegnano a verificare congiuntamente i possibili contenuti di riforma del processo del lavoro allo scopo di dare ad esso tempi più certi nell’interesse dei datori di lavoro e dei lavoratori. Le parti sociali avvieranno altresì un confronto diretto finalizzato a produrre un avviso comune su forme condivise di conciliazione e di arbitrato.
Il Governo si impegna a tradurre nelle conseguenti iniziative di legge queste intese per cui proporrà nel frattempo la soppressione dell’art. 4 del DDL 848bis.

Governo e parti sociali, inoltre, concordano di effettuare una ulteriore fase di confronto sui temi del lavoro nel momento della redazione dei decreti legislativi conseguenti alle leggi delega. La delega relativa alla revisione della disciplina in materia di “cessione di ramo d’azienda” sarà emendata nei termini previsti dal testo allegato. Su questo tema sarà comunque richiesto alle parti sociali di produrre un avviso comune in tempi coerenti con l’esame parlamentare.

Il Governo si impegna a promuovere entro il mese di luglio una apposita sede di confronto con le parti sociali dedicata ai temi delle politiche sociali. Più in generale, la spesa sociale costituisce materia di necessario confronto con le parti sociali in relazione a tutte le misure che la riguardano, garantendo comunque che la prossima legge finanziaria non dovrà prevedere riduzione della spesa sociale rispetto allo scorso anno.

L’avviso comune richiesto alle parti sociali allo scopo di promuovere ulteriori iniziative per l’emersione dell’economia sommersa sarà recepito dal Governo attraverso gli atti necessari.



3. Investimenti e Occupazione nel Mezzogiorno


Il Governo e le parti sociali concordano sull’importanza da assegnare al tema dello sviluppo economico e sociale del Mezzogiorno che assume una valenza prioritaria nell’ambito della politica economica nazionale e di quella comunitaria di coesione. Solo con una particolare attenzione alla politica e agli strumenti di intervento nel Mezzogiorno è possibile realizzare, da un lato, gli obiettivi di riequilibrio territoriale che ispirano la politica europea di coesione economica e sociale, dall’altro lato, gli obiettivi di crescita occupazionale stabiliti con la strategia di Lisbona e, più recentemente, nelle conclusioni del Consiglio Europeo di Barcellona ed assunti nel Piano Nazionale d’Azione per l’Occupazione 2002.

Il Governo e le parti sociali concordano nel considerare essenziale il coordinamento fra Amministrazione centrale e Regioni alla luce delle recenti riforme costituzionali.

Il Governo e le parti sociali adottano come obiettivo della loro intesa quello di conseguire, coerentemente con il Programma comunitario obiettivo 1, un tasso di crescita del Mezzogiorno significativamente e stabilmente superiore a quello medio dell’Unione Europea e del resto del Paese. Unitamente a ciò, obiettivo dell’intesa è quello di conseguire, entro il 2008, un aumento del tasso di attività fino al livello del 60 per cento, coerente con il corrispondente incremento del tasso di occupazione indicato nel DPEF 2003-2007. Tali obiettivi richiedono una forte crescita della competitività dell’area da realizzarsi attraverso investimenti pubblici di qualità e interventi per l’attrazione degli investimenti che accrescano l’accumulazione privata e la produttività.

Priorità dell’azione di Governo -che nasce dalla certezza che la competitività di ogni sito e territorio deriva dalle sue infrastrutture, materiali e immateriali- è la diminuzione sostanziale del gap infrastrutturale, con una particolare attenzione per i trasporti e la logistica, per il settore idrico ed energetico e per la ricerca e innovazione. A questa priorità sono volti l’impegno comune con le Regioni e l’adozione di regole concorrenziali e incentivanti nuove nell’allocazione e nell’impiego delle risorse.
Ulteriore priorità è costituita dall’attrazione degli investimenti nell’area, anche attraverso l’utilizzo dei Contratti di Programma. A tal fine occorre dotare il Mezzogiorno di una capacità di offrire, in un quadro generale di condizioni di sicurezza, siti attrezzati e procedure semplificate.
Altre priorità sono il potenziamento e la semplificazione dei sistemi di incentivazione, nonché le azioni volte ad accrescere la cultura di impresa e la cooperazione progettuale all’interno degli insediamenti produttivi, a sostenere uno sviluppo del sistema turistico orientato ad un’offerta di qualità, a promuovere investimenti di recupero, apertura e valorizzazione dei beni culturali e ambientali.

Punto di riferimento di tale azione rimane la politica di coesione economica e sociale dell’Unione Europea, costituita dalla politica regionale (e dai suoi strumenti operativi, i fondi strutturali), dai riflessi sulla politica di coesione delle altre politiche (la concorrenza, i trasporti, la ricerca, la politica agricola comune) e da azioni di incentivazione. Il miglioramento nelle comunicazioni, materiali e virtuali, nella logistica e sicurezza, nella ricerca e formazione, nella valorizzazione del patrimonio culturale e naturale, è indispensabile per un’accelerazione significativa della produttività e degli investimenti.

Il Governo e le parti sociali condividono il principio che l’importanza riservata al Mezzogiorno significa garantire non solo risorse finanziarie nel quadriennio di programmazione, ma anche l’operatività degli strumenti di spesa, la qualità della stessa e la coerenza interna di tutte le decisioni di governo. Nella Relazione predisposta annualmente per il Parlamento si darà conto dei progressi e dei risultati ottenuti sia dalle azioni direttamente rivolte al Mezzogiorno, sia dalle politiche nazionali, e ne verrà preventivamente data informazione alle parti sociali.

Per quanto riguarda le “risorse aggiuntive” rivolte al Mezzogiorno, il Governo e le parti sociali concordano sulla necessità, già nella prossima Legge Finanziaria (Tab. D), di mantenere il flusso di nuove risorse da destinare a investimenti pubblici e incentivi nelle aree depresse in una percentuale del PIL almeno pari a quella media degli ultimi anni. A tali risorse vanno aggiunte quelle risorse da destinare al cofinanziamento degli interventi dei fondi strutturali.

Si conferma l’obiettivo programmatico di accrescere la quota media di spesa in conto capitale destinata al Mezzogiorno portandola ad un valore medio del 45% del totale della spesa nel periodo 2002-2008, secondo lo schema finanziario unico già utilizzato nel DPEF 2002-2006.

Il Governo si impegna ad assicurare, in linea con gli impegni di addizionalità del Programma comunitario 2000-2006, che la quota di risorse ordinarie destinata agli investimenti nel Mezzogiorno sia non inferiore al 30% del totale della spesa del settore pubblico allargato (che include, fra gli altri, Ferrovie dello Stato, ANAS e gli altri enti preposti alla realizzazione delle infrastrutture). La quota del 30 per cento si applica sia alle assegnazioni che all’effettiva erogazione di risorse.

Governo e parti sociali convengono che la modernizzazione delle Amministrazioni centrali e regionali responsabili per l’utilizzo dei fondi aggiuntivi (comunitari e nazionali) e ordinari deve procedere speditamente, come condizione indispensabile per il conseguimento degli obiettivi concordati. A ciò dovrà concorrere la rigorosa attuazione dei meccanismi premiali del Programma comunitario

Con riguardo alle Intese istituzionali di programma e ai relativi Accordi di programma quadro, strumenti di gestione dei flussi finanziari per gli investimenti pubblici, il Governo si impegna a rafforzare il monitoraggio del loro stato di attuazione, delle fonti di finanziamento, dei poteri sostitutivi attivati o attivabili. Particolare attenzione verrà posta nella verifica dello stato di attuazione degli studi di fattibilità e nella loro traduzione in progetti concreti.

Il Governo, nell’ambito delle attività relative alla programmazione negoziata, si impegna a favorire, con il concorso delle parti sociali, l’effettiva operatività della regionalizzazione dei Patti Territoriali, prevedendo una più precisa regolamentazione degli stessi attraverso gli istituti dell’Intesa Istituzionale di Programma e degli Accordi di Programma Quadro, sulla base di puntuali criteri economici e occupazionali prevedendo meccanismi premiali per il partenariato sociale. Verrà inoltre assicurato il finanziamento dei residui 11 Patti Territoriali già istruiti.

Il Governo e le parti sociali condividono la scelta strategica di puntare su politiche in grado di favorire la localizzazione delle attività produttive nelle aree del Sud. Tale scelta  trae la propria forza dal fatto che tali politiche consentono, da un lato, di rafforzare il tessuto produttivo meridionale e di favorire processi di agglomerazione produttiva  e, dall’altro lato, di fare sì che l’intervento a favore del Sud si traduca in azioni i cui benefici ricadano anche sulle imprese del Centro-Nord che hanno difficoltà nel reperire aree industriali e manodopera qualificata.

Il Governo e le parti sociali sono consapevoli che il rilancio delle politiche di sviluppo per il Mezzogiorno debba essere volto alla valorizzazione del settore agricolo ed agroalimentare. Per superare l’attuale frammentazione del settore, dunque, si incentiveranno i processi di aggregazione/organizzazione dei soggetti operanti nel sistema, al fine di favorire forme organizzative innovative di filiera nel territorio, dando piena attuazione a quanto già previsto dal d.lgs. n.228 del 2001. Si mirerà inoltre a riqualificare i fattori della produzione ed i servizi, favorendo la crescita dimensionale, l’ingresso dei giovani, l’accesso all’informatizzazione e l’innovazione di processo e di prodotto.

Il Governo e le parti sociali individuano nel Tavolo agroalimentare il luogo privilegiato per la definizione di tutte le politiche di sviluppo per il settore agricolo ed agroalimentare.

In questo quadro si ritiene che la cooperazione possa rappresentare uno strumento idoneo ad avviare processi imprenditoriali diffusi e al contempo elemento di forte coesione sociale. Il Governo ritiene che la crescita del sistema della cooperazione sia una opportunità da valorizzare.

Il Governo metterà a punto un programma pluriennale per l’attrazione degli investimenti nel Mezzogiorno, il cui disegno e attuazione verranno affidati alla società Sviluppo Italia.

Il Governo e le parti sociali individuano nel Contratto di Programma, ferme restando le attuali finalità, lo strumento di intervento principale per le nuove politiche a favore della attrazione di insediamenti produttivi nelle aree meridionali, anche per orientare verso il Sud i processi di delocalizzazione produttiva in atto nel resto del Paese. Lo strumento verrà a tale scopo adeguatamente finanziato. Verranno a questo specifico scopo definite, d’intesa con le parti sociali, procedure e attribuzioni anche a partire dall’esperienza della Programmazione negoziata. Attraverso il Contratto di Programma si potranno attivare anche processi di trasferimento di conoscenze e sapere in grado di migliorare la qualità dell’offerta di lavoro e la diffusione delle capacità manageriali. Il tema della valorizzazione del capitale umano rappresenta difatti un aspetto essenziale da porre alla base della strategia di sviluppo del Mezzogiorno.

Per incentivare il processo di attrazione di attività industriali verso il Sud, il Governo si impegna a predisporre politiche per il rafforzamento, l’individuazione e la predisposizione di aree attrezzate, dotate anche di un valido complesso di servizi ecologici, al fine di consentire una consistente abbreviazione delle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Un primo campo di applicazione sarà rappresentato dalla depurazione delle acque reflue.

Nell’ambito di una generale semplificazione degli strumenti di incentivazione il Governo sta procedendo a concentrare nel Mezzogiorno lo strumento del credito d’imposta ex art. 8, legge 388/2000 per dare certezza finanziaria e renderlo cumulabile con la “Tremonti bis” (L. 383/2001). In questo modo il credito d’imposta, cumulato con la “Tremontibis” per un congruo periodo di tempo, diviene così strumento di compensazione per i maggiori costi del capitale nel Mezzogiorno. In questo quadro, anche gli incentivi ex lege 488/92, 181/89 e quelli rivolti all’autoimprenditorialità e all’autoimpiego svolgono un ruolo importante. A tali strumenti, come a quelli di sostegno alla ricerca e innovazione e all’imprenditoria femminile, saranno assegnate adeguate risorse finanziarie.

La differenza nei tassi bancari applicati al Sud rispetto al Nord e la diversa importanza delle garanzie reali per la concessione del credito finiscono per essere un ulteriore fattore di svantaggio competitivo per le imprese del Mezzogiorno. Il Governo pertanto provvederà a ristrutturare e potenziare il Fondo di garanzia, tenendo conto anche delle nuove regole di Basilea, riconducendo a sistema le diverse istituzioni operanti nel settore e raccordandole meglio al sistema finanziario. Inoltre, il Governo promuoverà una riforma della legge fallimentare diretta a rendere più rapido e efficiente il recupero del credito in modo da ridurre il costo del denaro. Verranno inoltre predisposti meccanismi per coinvolgere le banche non solo nell’istruttoria, ma anche e soprattutto nell’erogazione del credito a favore delle imprese beneficiarie degli incentivi.

Il Governo si impegna ad adeguare la dotazione infrastrutturale del Mezzogiorno ai livelli del resto del Paese, oltre che attraverso la rapida e qualificata attuazione del Programma comunitario, attraverso la piena e immediata attuazione della strategia nazionale della “legge-obiettivo” e delle opere individuate, opportunamente inserite nelle Intese generali quadro. Il Governo ha individuato un insieme di azioni strategiche per il Mezzogiorno, sulle quali viene previsto, assieme alle parti sociali, il monitoraggio sull’attività generale e degli investimenti del settore pubblico allargato nonché uno più specifico dedicato alle opere più rilevanti. Le parti sociali, dal canto loro, si impegnano a realizzare condizioni di organizzazione del lavoro funzionali alla massima accelerazione delle opere e della spesa.
In particolare l’attività di infrastrutturazione sarà volta:
·       all’attuazione organica delle reti idriche, volta a garantire un approvvigionamento adeguato alle necessità di sviluppo sociale ed economico;
·       a potenziare e ammodernare le reti energetiche nonché a garantire un costo dell’energia conveniente in grado di fornire a determinati ambiti territoriali un vantaggio competitivo in grado di favorire il processo di attrazione di attività produttive;
·       a migliorare la qualità dell’offerta dei servizi e la qualità dell’offerta infrastrutturale e delle politiche delle aree urbane;
·       a identificare le opere che sicuramente saranno portate a compimento nel triennio 2003-2005.
Allo stato attuale, si è in grado di assicurare che entro il 2005 sarà possibile disporre degli interventi sul sistema integrato dei trasporti delle principali città meridionali (sistema integrato dei trasporti di Napoli, Bari, Catania e Palermo), sugli assi autostradali Salerno-Reggio Calabria, Palermo-Messina, Catania-Siracusa-Gela, nonché gli interventi relativi agli schemi idrici del Mezzogiorno e negli snodi portuali, interportuali ed aeroportuali del Mezzogiorno previsti nella delibera del CIPE del 21.12.2001, e quelli che verranno successivamente indicati, in un elenco allegato.
Il Governo, inoltre, conferma l’avvio entro 36 mesi della procedura di costruzione del Ponte sullo Stretto.

Il Governo si impegna a definire un sistema di formazione professionale che risponda all’obiettivo di recuperare le attuali consistenti quote di abbandoni e di insuccessi scolastici, e consenta l’acquisizione di competenze e di abilità immediatamente spendibili sul mercato della produzione e del lavoro. Pertanto, una particolare attenzione sarà data ai corsi di istruzione e formazione tecnica-superiore, orientati a specializzare giovani e adulti a livello post-secondario, nonché a sostenere e a rilanciare l’occupazione, con particolare riguardo ai settori delle tecnologie, dell’informazione e della comunicazione. Inoltre, sarà data particolare attenzione all’educazione permanente degli adulti, quale strumento indispensabile ad incrementare il tasso di occupazione.

Il Governo concentrerà investimenti sul versante della ricerca industriale, sul potenziamento delle strutture scientifiche e tecnologiche e sulle attività di alta formazione. In coerenza con le Linee guida per la politica scientifica e tecnologica si procederà ad accrescere e potenziare la sistematica collaborazione tra le strutture pubbliche di ricerca e il sistema imprenditoriale, costituendo una rete permanente scienza-innovazione-industria-commercio-turismo, per aumentare la capacità delle imprese di trasformare le conoscenze e le tecnologie in prodotti e processi a maggior valore aggiunto. Ciò consentirà da una parte di valorizzare le specificità del territorio meridionale e la sua collocazione centrale nel Mediterraneo, dall’altra di creare nuove occasioni nei settori produttivi ad alta tecnologia. Determinante, a tal fine, sarà una politica volta a creare, o valorizzare, distretti  di alta tecnologia e centri di eccellenzascientifica in aree prioritarie.

Il Governo è consapevole che, soprattutto nel Mezzogiorno, garantire la sicurezza dei cittadini e delle imprese significa porre la pre-condizione per uno sviluppo serio e duraturo. In quest’ottica, intensificherà la prevenzione e il contrasto della criminalità di ogni tipo, in particolare di quella organizzata,la confisca dei beni di provenienza illecita, la destinazione per fini di utilità sociale dei beni confiscati. Inoltre, è in fase di elaborazione un sistema di monitoraggio degli appalti, che eviti le infiltrazioni di tipo mafioso nella utilizzazione dei fondi destinati alle grandi opere. A questo scopo sono state attivate le procedure necessarie per acquisire i fondi provenienti dall’Unione Europea finalizzate a potenziare le strutture informatiche delle forze di polizia.

Il Governo e le parti sociali convengono di dare seguito al presente documento attraverso una ulteriore fase di lavoro comune dedicata:
·       alla verifica delle azioni in corso allo scopo di garantirne la migliore efficacia attraverso la definizione di processi decisionali e di modalità operative più rapide;
·       alla individuazione e attrazione di specifici progetti di attrazione nelle aree attrezzate del Mezzogiorno allo scopo di accompagnarli con accordi quali quelli delle procedure del contratto d’area, finalizzati a semplificare i tempi e i modi delle procedure autorizzative;
·       a condividere più in generale i modi con cui conseguire un contesto istituzionale e sociale idoneo a garantire certezze agli investimenti nel Mezzogiorno;
·       a realizzare specifiche verifiche con riferimento agli investimenti infrastrutturali, all’utilizzo dei Fondi Strutturali, agli strumenti di incentivazione, all’attrazione degli investimenti, al risanamento ambientale, allo sviluppo delle risorse umane attraverso la scuola e la formazione, alla sicurezza del territorio.


Allegato 1
Riforma Fiscale



IPOTESI DI LAVORO
TRE CASI TIPICI DI RIDUZIONE DI IMPOSTA PER IL 2003


1.      Livello di reddito imponibile di 9mila euro (18milioni di lire), tipico delle categorie operaie nei settori maggiormente interessati dal provvedimento sull’emersione del lavoro irregolare (servizi, edilizia)
La riduzione di imposta è di almeno 500 euro (circa 1milione di lire) su base annua, pari a circa il 40% per i lavoratori senza carichi familiari e a percentuali maggiori per i lavoratori con carichi familiari


2.      Livello di reddito imponibile di 17,5mila euro (35 milioni di lire), corrispondente ad una buona retribuzione imponibile nel settore industriale
La riduzione di imposta è di almeno 250 euro (circa 500mila lire) su base annua, pari a circa il 7% per i lavoratori senza carichi familiari, e a percentuali maggiori per i lavoratori con carichi familiari


3.      Livello di reddito imponibile di 7,5 mila euro (15milioni di lire), corrispondente ad una pensione superiore al minimo per circa mille euro (1 milione di lire).
La riduzione di imposta è di almeno 250 euro (circa 500mila lire) su base annua, pari a più del 50% per i pensionati senza carichi familiari, e a percentuali maggiori per i pensionati con carichi familiari




ESEMPLIFICAZIONI SPECIFICHE PER I BASSI REDDITI



                                    
EFFETTI DELL’ACCORDO SUI MINIMI CONTRATTUALI                                
(Valori in euro)                                    
                                    
LAVORATORE e PENSIONATO SENZA CARICHI FAMILIARI IRPEF 2002     ACCORDO
IRPEF 2003      DIFF.
2003 - 2002     VAR. % 2003-02 
Impiegato servizi di pulizia (euro 10.646,44 annue)     1.488,95       1.007,09       -481,85        -32,4% 
Operaio piccola industria edilizia (euro 8.893,50 annue)        1.066,48       490,12         -576,37        -54,0% 
Pensionato al minimo (euro 516  al mese)        287,67         0,00   -287,67        -100,0%        
Altro pensionato con 9.000 euro annue   1.086,63       521,62         -565,00        -52,0% 
                                    



                                    
EFFETTI DELL'ACCORDO SUI MINIMI CONTRATTUALI                                
(Valori in migliaia di lire)                         
       
                                    
LAVORATORE e PENSIONATO SENZA CARICHI FAMILIARI IRPEF 2002     ACCORDO IRPEF 2003     DIFF.
2003 - 2002     VAR. % 2003-02 
Impiegato servizi di pulizia (Lit.20.614 annue)  2.883          1.950         -933   -32,4% 
Operaio piccola industria edilizia (Lit. 17.220 annue)   2.065          949   -1.116         -54,0% 
Pensionato al minimo (un milione  al mese)       557    -     -557   -100,0%        
Altro pensionato con Lit. 17.426 annue   2.104          1.010         -1.094         -52,0%




Allegato 2

Art. …. (Delega al Governo in materia di altre misure temporanee e sperimentali a sostegno della occupazione regolare e della crescita dimensionale delle imprese)


1.      Ai fini di sostegno della occupazione regolare e della crescita dimensionale delle imprese il Governo è delegato ad emanare in via sperimentale uno o più decreti legislativi, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a)      ai fini della individuazione del campo di applicazione dell’articolo 18 della Legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, non computo nel numero dei dipendenti occupati delle nuove assunzioni mediante rapporti di lavoro a tempo indeterminato, anche part-time, o con contratto di formazione e lavoro, instaurati nell’arco di tre anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi;

b)      inapplicabilità della misura di cui alla lettera a) ai datori di lavoro, imprenditori e non imprenditori, già rientranti, al momento dell’entrata in vigore della presente legge, nel campo di applicazione dell’articolo 18 della Legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni, in quanto abbiano occupato mediamente nei dodici mesi precedenti, un numero di dipendenti corrispondente alle soglie dimensionali indicate dallo stesso articolo 18;

c)      non riconducibilità al concetto di nuova assunzione delle ipotesi di subentro di un’impresa ad un'altra nella esecuzione di un appalto, là dove presente una disposizione di legge o una clausola contrattuale a tutela del passaggio del personale alle dipendenze dell’impresa subentrante;

d)      previsione di misure di monitoraggio coerenti con la natura sperimentale del provvedimento;

e)      previsione che decorsi ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al presente articolo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali procederà a una verifica, con le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, degli effetti sulle dimensioni delle imprese, sul mercato del lavoro e sui livelli di occupazione nel frattempo determinatisi, al fine di consentire al Governo di riferirne al Parlamento e valutare l’efficacia della misura.


Allegato 3

DDL 848-A


Art. 1, comma 2, lett l)

~~~~~~~~l) revisione del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n.~18, che ha modificato l’articolo 2112 del codice civile in tema di trasferimento d’azienda, al fine di armonizzarlo con la disciplina contenuta nella presente delega basata sui seguenti criteri direttivi:

1)      completa conformazione della disciplina vigente con la normativa comunitaria, anche alla luce del necessario coordinamento con la Legge 1 marzo 2002, n. 39, che dispone la recezione, tra le altre, anche della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2001/23/CE, del 12 marzo 2001, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di imprese o di stabilimenti;

2)      previsione del requisito dell’autonomia funzionale del ramo di azienda nel momento del suo trasferimento;

3)      previsione di un regime particolare di solidarietà tra appaltante e appaltatore, nei limiti di cui all’art. 1676 del codice civile, per le ipotesi in cui il contratto di appalto sia connesso ad una cessione di ramo di azienda.








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